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I saggi di Darnton sul muro di Berlino

Il tema del muro di Berlino ha un approfondimento nella sezione Fare storia/Il mondo dopo il 1989. Si tratta di due saggi sulla caduta del muro di Berlino dello storico statunitense R. Darnton.
Abbiamo già detto precedentemente di come l'enunciatore, attraverso la voce di esperti, possa trasmettere, senza assumersene le responsabilità, sue idee su un determinato argomento. In questo caso specifico l'enunciatore utilizza la voce di uno storico che è stato anche «testimone», definendolo un «osservatore curioso e attento», quindi accreditando, senza affermarlo esplicitamente, il suo discorso.
Il primo saggio, intitolato I significati del Muro [maiuscolo nel testo] è chiaramente interpretativo e offre alcuni spunti di riflessione originali:
La maggior parte dei Tedeschi nati dopo il 1961 viveva il muro come parte integrante del paesaggio della città, come qualcosa di inevitabile, senza problematizzarlo 
I Tedeschi di Berlino Ovest non si sono accorti del muro finché non è caduto 
Per i Tedeschi di Berlino Ovest il muro garantiva privilegi economici (finanziamenti dal governo centrale) e particolari permessi (esenzione servizio di leva, bar aperti dopo mezzanotte: «ne è nata una generazione di intellettuali spensierati e parassiti: vivono sulle spalle del Muro, se questo dovesse realmente cadere per loro sarebbe un disastro economico»)
Protagonista dell'abbattimento del muro è il popolo di Berlino Est 
La prima riflessione da fare è che, mentre nel discorso del manuale l'enunciatore ha una strategia oggettiva e distaccata dagli avvenimenti, il resoconto di questo testimone oculare è fortemente partecipato e patemico. La prima parte di questo saggio (i primi tre punti sopra elencati) provoca nel lettore passioni disforiche, non solo per i contenuti "scomodi", che insinuano nella mente del lettore una sensazione di antipatia sfiducia nei confronti dei Berlinesi dell'Ovest, ma anche per il lessico e le immagini utilizzate: ad esempio, per spiegare il secondo punto si riporta la testimonianza di una signora di Berlino Ovest che, abitando di fronte al muro, dichiarò di non aver mai guardato il muro ma di aver sempre osservato i conigli che giocavano nella «terra di nessuno».  Questa immagine dell'indifferenza della popolazione è fortissima e provoca nel lettore una sensazione fortemente disforica.
Dopo aver quindi messo in tensione l'enunciatario, l'enunciatore cambia completamente tono del discorso quando, "nonostante tutto", ci presenta il protagonista positivo della caduta del Muro, «il popolo di Berlino Est», a cui sono attribuiti valori fortemente positivi: «di null'altro armato che delle sue idee, della sua disciplina, e di quella forza che solo le grandi masse possono sprigionare» (competenza). La notte del 9 novembre acquista un forte significato simbolico: «un momento di pura magia, la presa di possesso di una città da parte della sua popolazione […] trasformando il più crudele degli scenari urbani in uno spettacolo di allegria e speranza, ponendo fine a un secolo di guerra».
Il discorso prosegue quindi per tutto il saggio utilizzando un linguaggio fortemente suggestivo e soggettivo, che ci dà l'impressione della testimonianza diretta di un evento (un evento puntuale, che non è presentato come la fine di un lungo processo), ma soprattutto del coinvolgimento passionale dell'enunciatore, che vuole a sua volta coinvolgere l'enunciatario in un universo di valori e di passioni.  La caduta del muro qui non è solo simbolo della fine del «lungo dopoguerra» o della «guerra fredda», ma acquista un peso ancora maggiore se segna la «fine di un secolo di guerra».

Tratto da SAGGIO SUL MURO DI BERLINO di Isabella Baricchi
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