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Ars amandi: l’anomalia in pubblicità


L’anomalia è una deviazione dalla norma, da una struttura tipica considerata normale, ottenuta attraverso le figure retoriche (fino al massimo del paradosso). In una situazione di crescente offerta, una marca è unica ed attiva l’interesse del consumatore se promette una risposta al paradosso, unendo elementi concilianti, sino ad allora percepiti, dalla cultura prevalente, come inconciliabili.

Vediamo un’applicazione del paradosso riferita allo spazio e al tempo. La convenzione, doxa, vuole lo spazio fermo e il tempo che scorre; il processo creativo della scienza ha contrastato la convenzione, para doxa, inventando l’orologio e la teoria della relatività. Il principio quindi è di prendere le distanze dall’insieme delle opinioni non discutibili in quanto naturali evidenze in un contesto naturale, le idee dominanti.

Potremmo vedere il paradosso come un catalizzatore del pensiero: ogni volta che appare un problema senza soluzione si crea uno choc che costringe a rigettare le vecchie soluzioni e costruirne delle nuove.

Disney ha saputo far uso del paradosso. I miti primari vogliono la mamma buona e bella, mentre l’uomo nero è brutto e cattivo. I personaggi più famosi di Disneyland contraddicono queste due convenzioni: i brutti buoni sono più simpatici, i belli cattivi sono più temibili e ingannevoli.

In pubblicità e nel marketing il tema dell’originalità è alle fondamenta: basti ricordare l’unico principio che Rubicam ha lasciato a Madison Avenue: “Make the familiar strange and the strange familiar”. Auckentaler sostiene che è necessario rompere le regole per creare la sorpresa.

Le figure retoriche hanno tutte il compito di deviare dalle aspettative, ovviamente con intensità diversa, da quella debole di una semplice ripetizione a quella più forte di un paradosso che mira esattamente alla destabilizzazione, allo shock di cui abbiamo parlato. Inoltre, l’intento dell’anomalia è creare un’incongruenza e, spesso, il modo nel quale un’argomentazione viene trasmessa è più importante dei suoi contenuti.

Tratto da LA COSTRUZIONE PUBBLICITARIA DELLA MARCA di Domenico Valenza
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