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La regola di regia dei 180° o della continuità visiva


Per orientarsi tra due immagini consecutive, lo spettatore deve avere dei punti di riferimento: è dunque necessario garantire la continuità. Per arrivare al montaggio con inquadrature che si possano raccordare è necessario osservare la regola dei 180°.
Nella regola dei 180°, il set si suppone diviso in due da una linea immaginaria: essa crea sul set uno spazio a 180° che è l’unico calcolabile dalla cinepresa; ogni incursione al di là della linea provoca il cosiddetto scavalcamento di campo. Dati due personaggi che si fronteggiano, la loro linea di sguardo individua uno spazio a 180° che è l’unico possibile per le riprese.

Il passaggio da un personaggio al personaggio di fronte è detto campo/controcampo (shot/riverse shot). Il controcampo non è l’inquadratura che scavalca il campo, ma quella che mostra il campo corrispondente a quello dell’interlocutore (rimanendo perciò al di qua della linea). Un comma della regola dei 180° è la regola dei 30° che pone al regista una costrizione opposta: l’invito non è a contenere gli spostamenti della cinepresa, ma a non contenerli troppo.
Un’applicazione della regola dei 180° è il sistema del triangolo: dati due interlocutori che si fronteggiano, tutte le posizioni che la cinepresa può assumere per riprenderli sono riassunte in un’immaginaria serie di triangoli collocati al di qua della linea dei 180°. Distinguiamo: ad angolo esterno, ad angolo parallelo, ad angolo interno, ad angoli opposti.

Distinguiamo due categorie di campo/controcampo: con l’interlocutore di quinta o a piani singoli (con un solo attore di profilo). L’attore di fronte deve occupare i due terzi dell’inquadratura, mentre il terzo rimanente deve essere occupato dalla spalla dell’interlocutore oppure dallo sfondo.
La regola dei 180° vale anche per la linea d’azione: poniamo di riprendere una persona che cammina in strada da sinistra a destra; se nell’inquadratura successiva scavalchiamo il campo (riprendendo dal marciapiede di fronte) la vedremo camminare da destra a sinistra, disorientando lo spettatore. Tale cambio di direzione è accettato solo se la persona è tornata indietro (ma in tal caso va inquadrata quando cambia direzione), o quando l’inquadratura della persona che cammina in senso inverso è una soggettiva di una seconda persona dell’altro marciapiede.

La regola dei 180° prevede le seguenti possibilità di scavalcare la linea immaginaria senza disorientare lo spettatore:
a) Muovere la macchina da presa in piano sequenza dalla zona corretta a quella off limits: la continuità del movimento di macchina accompagna lo spettatore alla scoperta di nuovi punti di riferimento.
b) Inserire un nuovo personaggio che introduce una nuova linea immaginaria.
c) Fare spostare uno dei due personaggi in modo che sia questi a scavalcare la linea.
d) Usare degli inserti: se in una scena di inseguimento gli indiani e la diligenza corrono sullo schermo da sinistra a destra, basterà inserire il primo piano di un passeggero terrorizzato e nel piano successivo si potranno mostrare indiani o diligenza correre in direzione opposta.
e) Collocare la macchina da presa sulla linea immaginaria: è difficile in tal modo notare lo scavalcamento.
La pratica della continuità è convenzionale: nasce nel cinema narrativo tra il 1905 e il 1914 e si perfeziona nel cinema hollywoodiano degli anni venti e trenta, per essere messa in crisi dagli autori della modernità a partire dagli anni sessanta.
I suoi principi basilari affondano dunque nelle abitudini percettive dello spettatore occidentale. Anche negli autori più sperimentali la violazione non è mai totale e sistematica, pena la completa rinuncia alla comprensibilità del film. Oggi prevale la coesistenza degli stili: continuità e discon-tinuità convivono, e mai come oggi conoscere le regole significa sentirsi autorizzati a trasgredirle.

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