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Tossinfezioni alimentari: aspetti medico legale


Con il nome di tossinfezioni alimentari si intendono quelle sindromi morbose determinate dallo sviluppo negli alimenti, prima che vengano consumati, di particolare specie microbiche, elaboratrici di tossine.
Tali fenomeni possono manifestarsi dopo assunzioni sia di alimenti freschi sia di alimenti conservati: gli alimenti freschi contaminati possono divenire rapidamente dannosi quando sono mantenuti nelle condizioni di temperatura favorevoli alla moltiplicazione dei microbi; le conserve che consentano lo sviluppo microbico, manifestano la loro nocività dopo un certo intervallo di tempo dall’assunzione, poiché i procedimenti subiti per la confezione rallentano la moltiplicazione dei microbi e la produzione delle tossine.
Talvolta è la sola tossina che determina l’affezione (botulismo); talaltra il quadro clinico risulta dalla combinazione della azione tossica con quella infettiva (salmonellosi).
Gli alimenti contaminati da batteri patogeni non presentano alterazioni dei caratteri organolettici che consentano di sospettarne la pericolosità.
Essi pongono problemi non solo di ordine clinico, ma anche medico legale, dal momento che possono essere messi in discussione diverse fattispecie delittuose oltre a quella di lesione personale.
Il magistrato può chiedere di accertare se la sostanza ingerita possedeva in sé stessa potere tossico (certe specie di funghi o di pesci) oppure se il prodotto acquistato tali proprietà a seguito di una cattiva conservazione o preparazione oppure a causa di adulterazione o di inadeguato controllo igienico, ecc…
Nella valutazione del nesso causale può essere fondamentale l’analisi del criterio cronologico e quindi la considerazione del tempo di incubazione o del lasso di tempo intercorso tra ingestione e manifestazioni cliniche.
Il più delle volte è il criterio epidemiologico ad assumere notevole significato, in quanto è ben difficile che le manifestazioni cliniche da tossinfezione abbiano a verificarsi solo in una persona e non anche in altre: generalmente si tratta di microepidemie che colpiscono coloro che hanno assunto quelle determinate sostanze alimentari.
La legge penale ha voluto tenere distinte le ipotesi di avvelenamento vero e proprio da quelle di corrompimento o adulterazione: queste ultime attività consistono essenzialmente nella giunta di sostanze estranee al prodotto che non sempre possono avere effetti avvelenanti (da ciò le pene meno severe).
In alcuni casi è la legge stessa che prescrive una certa adulterazione dell’alimento a fini conservativi, ma sempre entro certi limiti.
L’autorità sanitaria, anche indipendentemente da una qualsiasi infrazione, può procedere in ogni momento a ispezioni e prelievi di campioni di alimenti negli stabilimenti per finalità preventive e repressive.
Fra le altre sanzioni che sono applicabili ai colpevoli di tali reati è prevista anche la confisca obbligatoria delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato o delle cose che ne sono il prodotto o il profitto, se dal fatto è derivata la morte o la lesione personale grave o gravissima.
Sono altresì comminate l’interdizione da 5 a 10 anni dalla professione, nonché la pubblicazione della sentenza.

Tratto da MEDICINA LEGALE di Stefano Civitelli
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