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Permanenza del danno alla salute: barèmes di valutazione


Il danno risarcibile può essere transitorio o permanente: si considera danno transitorio quello i cui effetti sono solo temporanei, cioè si estinguono entro un lasso di tempo più o meno breve dall’azione o dall’omissione umana illecita considerata; si considera danno permanente quello le cui conseguenze si perpetuano indefinitivamente nel tempo durevolmente, non essendo possibile il ripristino dell’integrità psicofisica o comunque non essendo prevedibile il recupero od il ritorno allo stato precedente in un ragionevole limite di tempo.
Trattandosi di un giudizio pronostico presso soffre di tutte le incertezze di pareri del genere; a maggior ragione pertanto dovrà fondarsi non su presunzioni ma su criteri almeno di grande probabilità.
In sede di responsabilità civile non esiste la possibilità di far ricorso all’istituto della revisione come in altri ambiti (ad esempio in infortunistica INAIL: grazie all’istituto della revisione sia alla possibilità di controllare entro il termine di dieci anni quali sono le condizioni fisiche del titolare della rendita).
L’invalidità permanente viene sempre espressa con un numero percentuale che indica la riduzione della complessiva validità psicofisica del soggetto non male (validità = 100).
Essa va tenuta distinta dall’incapacità lavorativa specifica e dall’incapacità di guadagno, che costituiscono gli altri due parametri di giudizio per la valutazione del danno alla persona in responsabilità civile.
Rientrano nel computo dell’invalidità permanente anche il danno estetico, il danno sessuale, il danno alla capacità di procreare, ecc… e insomma ogni apprezzabile danno ad una qualsiasi funzione biologica.
Naturalmente ogni persona è dotata di una specifica personalità, che ha un suo modo di essere, un suo stile di vita e che utilizza la sua salute e le sue risorse per proiettarsi o espandersi o realizzarsi come meglio crede nell’ambito della vita sociale.
Ciò vuol dire che lo studio dell’invalidità deve essere sempre personalizzato, cioè deve sempre tener conto delle specifiche caratteristiche individuali.
Occorre perciò tenere conto anche di come quella persona vive la propria menomazione funzionale.
L’impiego di barèmes o tabelle valutative può essere perciò utile, ma non è mai decisivo, nel senso che non potrà mai sostituirsi alla critica attività valutativa del consulente.
Dal punto di vista valutativo occorre tener conto che vi sono funzioni che sono indispensabili alla stessa prosecuzione della vita biologica e per le quali non è configurabile una perdita completa, e altre che sono soprattutto necessarie ai fini della vita di relazione, perciò assai importanti nei rispetti “della qualità della vita” (fra le prime: la funzione nervosa, psichica, respiratoria, cardiocircolatoria, ecc…; fra le seconde: la funzione visiva, uditiva, fonatoria, prensile, estetica, sessuale, gustativa, ecc…).
Si capisce che le menomazioni delle diverse funzioni sono diversamente valutabile a seconda della gravità e della loro diversa e più o meno importante ripercussione sfavorevole sulla vita organica e di relazione dell’individuo considerato.
Quindi, mentre la valutazione della menomazione dell’integrità psicofisica individuale viene espressa seguendo criteri clinici uguali per tutti, con l’unica variante dell’età (dal che l’importanza dei barèmes o tabelle di valutazione), il giudizio sull’invalidità deve essere sempre personalizzato.

Tratto da MEDICINA LEGALE di Stefano Civitelli
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