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Rapporto medico-assistito: dovere del medico di informare

Rapporto medico-assistito: dovere del medico di informare


    L’informazione che deve essere preliminarmente resa al paziente deve riguardare anzitutto le condizioni di salute dello stesso nonché la natura della prestazione che si intende effettuare e le aspettative che volta per volta è lecito attendersi nel singolo caso.
    Sempre più spesso nella pratica si è portati a conferire alla prestazione medica e a quella chirurgica il significato di una vera e propria obbligazione di risultato.
Ma, a parte di inevitabili discussioni e perplessità concernenti quel che deve intendersi per “normale attività medica”, ci interessa qui rilevare che i due protagonisti del rapporto contrattuale, il medico e il paziente, nel momento in cui la loro relazione giuridica è posta in essere finiscono col conferire alla stessa un diverso significato: il medico le attribuisce il senso di un’obbligazione di mezzi; il paziente le conferisce il significato di un’obbligazione di risultato.
    Deve perciò essere chiaro che sul piano strettamente giuridico l’impegno che ciascun sanitario contrae col proprio assistito riguarda, nella maggioranza dei casi, l’obbligo di comportarsi con perizia, prudenza e diligenza, di agire nel rispetto delle leggi, delle norme deontologia che, del consenso e del programma diagnostico e terapeutico concordato con la stessa persona assistita, nient’altro.

Oggetto e contenuto dell’informazione


    La correttezza dell’informazione preliminare da rendere al paziente impone al medico di essere preciso ed esauriente sulla natura della malattia, sulle reali indicazioni e controindicazioni della prestazione che va ad effettuare, sui rischi di essa collegati, sulle manualità o sulle terapie che verranno eseguite, sugli obbiettivi perseguiti e sui risultati prevedibili.
    Non si dimentichi che il rapporto medico-paziente ha carattere contrattuale e che la violazione del dovere di informazione dà luogo essa stessa ad una vera e propria responsabilità di tipo contrattuale, dal che il diritto del paziente al risarcimento dell’eventuale danno che da essa sia derivato.
    L’informazione deve essere:
a. semplice, perché il paziente non è generalmente un esperto di cose mediche;
b. personalizzata, cioè deve essere adeguata al livello di cultura dell’assistito;
c. esauriente, nel senso che deve esaudire tutte le richieste della persona assistita;
d. veritiera, ma serena ed emotivamente equilibrata, così da non creare scompensi in chi la riceve;
e. sorretta, in ogni caso e soprattutto per ciò che riguarda le malattie a prognosi infausta, dalla speranza più che dal pessimismo.

Standard dell’informazione


    L’analisi del singolo caso che gli viene affidato porta il medico a formulare una proposta, sia essa diagnostica che terapeutica: il problema è allora capire quali siano gli standard ai quali i medici devono far riferimento per ottemperare all’obbligo di fornire un’adeguata informazione, cioè se essa debba attenersi allo stato delle conoscenze scientifiche inerenti al singolo trattamento (standard professionale), ovvero debba essere la portata a quello che una persona “ragionevole, pensata come media all’interno di una comunità, vorrebbe sapere e potrebbe comprendere dalla procedura medica” (standard medio), oppure, se non sia preferibile un modello soggettivo che, fornendo tutte le informazioni necessarie affinché il consenso manifestato dal paziente possa essere consapevole, vi consenta di rendersi conto della situazione attinente al suo stato di salute e quindi decidere di conseguenza (standard soggettivo).

Tratto da MEDICINA LEGALE di Stefano Civitelli
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