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Il rischio dell'utilità del lavoro e quello dell'impossibilità del lavoro

La distinzione tra locatiooperis e locatiooperarum deriva dalle fonti romane e ci è giunta grazie alla dottrina pandettistica del 1800/1900: essa aveva rilievo solo per stabilire la ripartizione tra le parti contrattuali dei rischi inerenti la prestazione lavorativa. Il primo di tali rischi poteva ricadere sull'utilità del lavoro (commodumobligationis) e riguardava il risultato della prestazione, che per motivi di qualsivoglia genere poteva differire dal risultato voluto. Il secondo rischio ineriva all'impossibilità del lavoro (periculumobligationis), che per ragioni di vario genere, poteva non essere portato a termine. Facciamo qualche esempio: si ha rischio di utilità nel momento in cui il prodotto finito di un lavoro viene colpito da un fulmine, e per tal motivo differisce dal risultato voluto, ovviamente prima della consegna al soggetto Spiegate le definizioni, dobbiamo specificare su chi ricadesse il rischio: nel caso di impossibilità del lavoro, il rischio ricadeva sempre sul lavoratore, che veniva esonerato dall'obbligo di eseguire la prestazione, ma che perdeva anche il diritto alla controprestazione. Nel caso, invece, di rischio d'utilità del lavoro si aveva una differenziazione tra locatiooperis (lavoro autonomo) e locatiooperarum (lavoro subordinato): nel primo caso, il rischio ricadeva sempre sul lavoratore autonomo, in quanto egli era obbligato a prestare l'opus perfectum, ossia l'opera finita, a qualunque costo; nel secondo caso, invece, il rischio ricadeva sull'imprenditore, in quanto al lavoratore poteva essere richiesto solo e solamente di prestare le proprie energie di lavoro. 

Tratto da DIRITTO DEL LAVORO di Alessandra Infante
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