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Versione passata della norma di illecita influenza sull'assemblea

In passato la norma puniva il fatto di illecita influenza se realizzato solo da amministratori, che erano i SOGGETTI ATTIVI. Oggi il soggetto attivo di questo reato è chiunque. È dunque un reato comune. La prassi ci insegna che molto spesso chi commette questo reato è qualcuno che ha a che fare con la società, ma la norma non lo richiede più come requisito tassativo. Un socio può realizzare questo reato, in passato non era così.
Attorno a questa norma si era sempre posto un problema interpretativo. Nella versione precedente la CONDOTTA del reato era: influiscono sulla formazione della maggioranza dell’assemblea. Oggi si dice determina la maggioranza in assemblea. Sono la stessa cosa: Si era posto questo problema.
Esempio: immaginiamo che all’interno della società si discute se deve essere proposta l’azione di responsabilità nei confronti di un socio amministratore. Essendo socio, quest’ultimo partecipa a quell’adunanza dell’assemblea, ma la legge gli impone di astenersi. Questo soggetto è socio al 25%, decide quindi di intestare queste azioni a qualcun altro affinché possano partecipare alla votazione. L’ipotesi era facendo esercitare sotto altro nome il diritto di voto relativo alle proprie partecipazioni. La proposta di promuovere l’azione di responsabilità viene respinta dall’assemblea con l’80% dei voti. Si era realizzato questo delitto di illecita influenza sull’assemblea:
Come elementi a favore del si osserviamo che c’è un divieto espresso di far votare quelle azioni e il soggetto lo ha violato, e questo ha inciso sulla maggioranza. Come elementi a favore del no osserviamo che la maggioranza si sarebbe formata lo stesso. Su questo punto sono state sostenute entrambe le tesi dalla Corte di Cassazione. In effetti influire non vuol dire modificare l’esito, ma vuol dire anche rafforzare una maggioranza. A questo dubbio interpretativo il legislatore ha risposto in maniera chiara nel 2002. Perché oggi il reato punisce il soggetto che determina la maggioranza in assemblea. Determinare la maggioranza vuol dire spostare l’equilibrio. Questo vuol dire che per verificare se si è avuto o meno questo reato il giudice deve fare la prova di resistenza della delibera assembleare, ossia deve immaginare come assenti i voti frutto dell’illecita condotta, e vedere se l’esito della delibera sarebbe stato lo stesso oppure no, deve fare un giudizio controfattuale. Nel nostro esempio se il 25% non avesse votato la delibera sarebbe comunque stata adottata, quindi non c’è reato.
L’appunto da muovere al legislatore è l’intitolazione di questo reato. Una volta che si era deciso di optare per questa teoria allora sarebbe valsa la pena di eliminare qualunque riferimento al verbo influire, anche dal titolo. Perché attraverso il titolo, qualche sentenza di merito ha ritirato fuori la vecchia teoria della rilevanza penale di qualunque influenza, sostenendo che quando la norma dice determinare la maggioranza in assemblea, vuol dire determinare una specifica maggioranza. La Cassazione finora è sempre stata contraria.
Nella vecchia versione venivano indicate 3 diverse tipologie di possibili modi di realizzazione del reato: gli amministratori venivano puniti se influivano sulla maggioranza dell’assemblea
- valendosi di azioni o di quote non collocate;
- attraverso l’esercizio del diritto di voto sotto altro nome;
- usando altri mezzi illeciti.
La norma poteva essere classificata come reato a forma libera.

Tratto da DIRITTO PENALE COMMERCIALE di Valentina Minerva
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