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I limiti di utilizzo del decreto legge in merito alle norme tributarie


A tenore dell’articolo 4 legge 212/2000 “non si può disporre con decreto legge l’istituzione di nuovi tributi né prevedere l’applicazione di tributi esistenti ad altre categorie di soggetti”.
La norma costituzionale di riferimento è l’articolo 23 cost. che prevede una riserva di legge per l’imposizione di prestazioni coattive.
Secondo l’opinione prevalente, quando si parla di legge ci si riferisce non soltanto alla legge ordinaria ma anche agli atti che hanno il medesimo rango e quindi la medesima efficacia, ossia al decreto legge e al decreto legislativo.
Non va sottaciuto peraltro che una parte minoritaria della dottrina, valorizzando al massimo la ratio garantista e democratica della riserva, nonché il dato per cui la stessa evoca un rapporto tra organi ancor prima che tra atti, ha espresso seri dubbi sull’ammissibilità degli atti legislativi del governo in materie riservate alla legge.
Con specifico riguardo ai decreti legge, le suddette perplessità sono state motivate con il fatto che i medesimi entrano subito in vigore e sono quindi applicabili fino alla loro mancata conversione.
Il legislatore dello statuto ha ritenuto che il dettato costituzionale esiga intervento della legge ordinaria per la individuazione degli elementi essenziali della fattispecie impositiva e della sfera dei soggetti passivi della relativa prestazione; e, conseguentemente, ha escluso l’utilizzabilità dello strumento del decreto legge per l’istituzione di nuovi tributi e per l’estensione di tributi già esistenti a nuove categorie di contribuenti.

Tratto da CONCETTI SUL DIRITTO TRIBUTARIO E SULL'IVA di Stefano Civitelli
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