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Le argomentazioni a favore della teoria dichiarativa sulla fonte dell’obbligazione di imposta


La riserva pur relativa di legge sancita dall’art. 23 cost. in materia di prestazioni impositive, anche ad ammettere in astratto che non sia del tutto incompatibile con l’esistenza di norme rispondenti allo schema norma-potere-fatto, tuttavia sicuramente esclude che in tali casi il potere attribuito alla pubblica amministrazione rivesta natura discrezionale; infatti è pressoché unanime tra i sostenitori della tesi costitutiva l’assunto per cui il potere impositivo ha carattere rigidamente vincolato.
Orbene, un potere completamente vincolato, il quale come tale non ha perciò nulla da disciplinare, tutto è tranne un potere normativo costituente indispensabile presupposto dell’atto provvedimentale e costitutivo in cui si pretende di ravvisare la fonte dell’obbligazione tributaria.
Tutto lo svolgimento della nostra legislazione, a partire dalla l. 2248/1865 all. E, milita a favore della qualificazione in termini di diritti delle posizioni giuridiche facenti capo al contribuente.
Infatti, la tutela giurisdizionale di tale soggetto nei confronti delle pretese dell’amministrazione finanziaria è sempre stata devoluta al giudice ordinario.
Un ulteriore, imprescindibile caratteristica del potere normativo è l’esclusività, non essendo possibile, in virtù del principio di competenza, che questo possa spettare contemporaneamente a più soggetti, ciascuno dei quali legittimato ad agire; e questo vale anche per il giudice, il quale non può certo emettere pronunzie sostitutive quanto alla soluzione di merito da adottare nel singolo caso, ma soltanto di annullamento dell’atto costituente concreto esercizio di quel potere.
Onde, come alla norma materiale corrisponde il diritto soggettivo, così a quest’ultimo si addice naturalmente la tutela offerta dal giudizio di accertamento del suo modo di essere alla stregua della disciplina posta dalla norma suddetta; e come alla norma strumentale corrisponde l’interesse legittimo, così è propria di tale situazione soggettiva la sola tutela del giudizio di impugnazione/annullamento.
Per quanto ci riguarda, alla stregua della disciplina positiva del processo tributario risulta in maniera incontestabile che in seno al medesimo il giudice non si limita ad annullare gli atti impositivi della finanza ma emette pronunzie satisfattorie o di merito, attributive del torto o della ragione in funzione della verifica operata circa il modo d’essere del rapporto obbligatorio di imposta.
Distinto dal problema concernente l’individuazione della fonte dell’obbligazione tributaria, ma non privo di collegamento con esso, è quello che riguarda il diverso profilo del momento in cui questa viene a giuridica esistenza a seguito del verificarsi in concreto di tutti gli elementi confluenti nella relativa ed astratta fattispecie costitutiva.
Se fosse esatta la tesi della fonte provvedimentale dell’obbligazione tributaria, il momento di cui sopra non potrebbe certamente verificarsi in epoca anteriore all’effettivo esercizio del potere impositivo da parte dell’amministrazione finanziaria.
Viceversa, la trama delle vigenti disposizioni rivela all’evidenza e sotto molteplici profili che il rapporto di debito/credito nasce fra contribuente e amministrazione finanziaria solo che si realizzi il fatto indice di capacità contributiva considerato dalla norma impositiva: quindi, prima ed a prescindere dall’emanazione di qualsivoglia atto dell’amministrazione stessa.
Ciò avviene, ad esempio, ai fini dell’individuazione del regime applicabile in caso di successione delle leggi tributarie nel tempo.

Tratto da CONCETTI SUL DIRITTO TRIBUTARIO E SULL'IVA di Stefano Civitelli
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