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La ventilazione nell'attività fisiologica dell'apparato respiratorio

Il primo tipo di scambio che si realizza nell'attività fisiologica dell'apparato respiratorio è la ventilazione, cioè lo scambio d'aria per flusso di massa tra l'atmosfera e gli alveoli. I fisiologi e i clinici valutano la funzionalità polmonare tramite la misurazione del volume di aria che un soggetto riesce a spostare durante la ventilazione a riposo, e in seguito durante la ventilazione forzata. Questi test di funzionalità ventilatoria utilizzano lo spirometro, uno strumento che misura il volume di aria spostato ogni atto ventilatorio.
La quantità di aria spostata durante la ventilazione, in questo modo, può essere suddivisa in quattro volumi polmonari: (1) volume corrente, (2) volume di riserva inspiratoria, (3) volume di riserva espiratoria e (4) volume residuo. Questi volumi variano sostanzialmente in funzione dell'età, del sesso e dell'altezza. Quando si respira tranquillamente, il volume di aria che si sposta durante una singola inspirazione o espirazione è noto come volume corrente (VC). Il valore medio del volume corrente durante la ventilazione tranquilla è circa 500 mL. Se, invece, al termine di un'ispirazione tranquilla inspiriamo tutta l'aria che possiamo, il volume aggiunto inspirato oltre al volume corrente rappresenta il volume di riserva inspiratoria (VRI), circa 3000 mL. Invece, se alla fine di un'espirazione tranquilla, espiriamo tutta l'aria che possiamo, il volume d'aria eliminato forzatamente è detto volume di riserva espiratoria (VRE) ed equivale a circa 1100 mL. Il quarto volume non può essere misurato direttamente. Anche quando si elimina la maggior quantità di aria possibile, ne resta ancora a livello polmonare e nelle vie aeree. Il volume d'aria presente nell'apparato respiratorio dopo un'espirazione massimale, circa 1200 mL, viene definito volume residuo (VR). La somma di due o più volumi polmonari è detta capacità. La capacità vitale (CV) è la somma del volume di riserva inspiratoria, del volume di riserva espiratoria e del volume corrente. La capacità vitale rappresenta, quindi, il massimo volume d'aria che può essere volontariamente spostata dentro e fuori l'apparato respiratorio durante un atto ventilatorio.
Comunque, nel corso della ventilazione, le vie aeree superiori e i bronchi assolvono funzioni ulteriori rispetto a quelle di semplice via di passaggio dell'aria, svolgendo un importante ruolo nel condizionare l'aria prima che raggiunga i bronchi. Il condizionamento dell'aria inspirata è costituito di tre componenti: (1) il riscaldamento dell'aria alla temperatura corporea (37 °C) in modo che la temperatura corporea centrale non vari e gli alveoli non siano danneggiati dall'aria fredda; (2) L'aggiunta di vapore acqueo fino a che l'aria raggiunga il 100% di umidità in modo che l'epitelio di scambio, che è umido, non si disidrati; (3) la filtrazione del materiale estraneo in modo che virus, batteri e particelle inorganiche non raggiungano gli alveoli. Quest'ultima condizione viene garantita dall'epitelio cigliato, a livello della trachea e dei bronchi, che secerne muco e soluzione salina diluita. Il musco contiene immunoglobuline che possono inattivare diversi patogeni.
Il flusso d'aria dentro e fuori i polmoni è determinato da gradienti di pressione generati da una pompa, proprio come il flusso di sangue è determinato dall'azione di pompa del cuore. Poiché la maggior parte del tessuto polmonare è costituita da un sottile epitelio di scambio, nell'apparato respiratorio sono i muscoli della cassa toracica e il diaframma a fungere da pompa. Il flusso aereo nel tratto respiratorio obbedisce alla medesima regola rispettata dal flusso di sangue nell'apparato cardiovascolare: Flusso ∞ ΔP/R. Questa equazione indica che il flusso aereo segue un gradiente di pressione e che il flusso decresce quando la resistenza del sistema al flusso aumenta. Comunque, la pressione dell'apparato respiratorio può essere misurata a livello degli spazi aerei polmonari (pressione alveolare, PA) o nel liquido pleurico (pressione intrapleurica). Poiché la pressione atmosferica è costante, la pressione all'interno dei polmoni deve essere superiore o inferiore a quella atmosferica per permettere il flusso di aria tra ambiente esterno e alveoli. Infatti, perché l'aria fluisca nei polmoni è necessario che la pressione nei polmoni divenga inferiore a quella atmosferica. Secondo la legge di Boyle, un aumento del volume determina una riduzione di pressione. Durante l'inspirazione il volume del torace aumenta in seguito alla contrazione di alcuni muscoli della gabbia toracica e del diaframma. Quando il diaframma si contrae, perde la sua forma a cupola e si abbassa verso l'addome. Questo movimento aumenta il volume della cavità toracica, appiattendone il pavimento. Inoltre, durante l'ispirazione, i muscoli intercostali esterni e gli scaleni si contraggono esercitando una trazione sulle coste verso l'alto e verso l'esterno. Gli scaleni contribuiscono all'inspirazione sollevando lo sterno e le coste superiori. Il movimento delle coste durante l'inspirazione può essere paragonato al manico di una pompa tirato in alto e lontano dalla pompa stessa (le coste si muovono verso l'alto e si allontanano dalla colonna vertebrale) e al movimento di una coppia di manici di un secchio quando sono sollevati lontano dai lati del secchio (le coste si muovono esternamente in direzione laterale). La combinazione di questi due movimenti allarga la cassa toracica in tutte le direzioni. Quando il volume della cavità toracica aumenta, la pressione diminuisce e l'aria fluisce nei polmoni.
Se seguiamo i cambiamenti della pressione alveolare durante una singola inspirazione avremo:
Tempo 0. Nella breve paura tra gli atti ventilatori, la pressione alveolare è uguale a quella atmosferica (0 mmHg al punto A1). In assenza di un gradiente di pressione non si ha flusso;
Tempo 0-2 s. Inspirazione. Quando l'inspirazione comincia, i muscoli inspiratori si contraggono e il volume toracico aumenta. Parallelamente all'aumento di volume, la pressione intrapolmonare si riduce di circa 1 mmHg al di sotto della pressione atmosferica (punto A2) e l'aria comincia a muoversi verso gli alveoli (dal punto C1 al punto C2);
Mentre l'aria entra negli alveoli, la pressione aumenta gradualmente fino a quando la cassa toracica smette di espandersi, appena prima del termine dell'ispirazione. Il flusso d'aria continua per una frazione di secondo, fino a quando la pressione all'interno dei polmoni è uguale a quella atmosferica (punto A3). Al termine dell'ispirazione, il volume d'aria presente nei polmoni è al massimo valore raggiunto nel ciclo ventilatorio (punto C2) e la pressione alveolare è uguale alla pressione atmosferica. Al termine dell'inspirazione, i motoneuroni somatici cessano di stimolare i muscoli inspiratori, che si rilassano. Il ritorno elastico dei polmoni riporta il diaframma e le coste alla posizione di partenza. Poiché l'espirazione durante la ventilazione a riposo è causata da un ritorno elastico passivo, piuttosto che da una contrazione muscolare attiva, è definita espirazione passiva.
Tempo 2-4 s. Espirazione. Mentre i volumi del polmone e del torace diminuiscono durante l'inspirazione, la pressione dell'aria nei polmoni aumenta, raggiungendo un valore massimo di circa 1 mmHg sopra la pressione atmosferica (punto A4). La pressione alveolare ora è superiore a quella atmosferica, quindi il flusso d'aria si inverte e l'aria esce dai polmoni;
Tempo 4 s. Al termine dell'espirazione, il movimento dell'aria si blocca quando la pressione alveolare è nuovamente uguale a quella atmosferica (punto A5). Il volume polmonare raggiunge il proprio valore minimo nel ciclo ventilatorio (punto C3). A questo punto, un ciclo ventilatorio termina e inizia quello successivo.
Durante l'esercizio fisico o la ventilazione forzata, questi valori diventano proporzionalmente più grandi, ma il meccanismo rimane il medesimo (30-40 atti/min contro i 12-20 atti/min della respirazione tranquilla).
Come abbiamo visto, la ventilazione richiede che i polmoni, che non sono in grado di espandersi e contrarsi da soli, si muovano in associazione con la contrazione e il rilasciamento del torace. Per questo motivo, i polmoni aderiscono alla cassa toracica tramite la forza di coesione esercitata dal liquido tra le due membrane pleuriche. In questo modo, se si muove la gabbia toracica, i polmoni si muovono in concomitanza. La pressione intrapleurica nel liquido tra le membrana pleuriche è inferiore di quella atmosferica. Infatti, la combinazione della spinta verso l'esterno della gabbia toracica e del ritorno elastico polmonare verso l'interno genera una pressione intrapleurica di circa -3 mmHg. Se si apre un passaggio tra la cavità pleurica chiusa e l'atmosfera, come nel caso di una costa fratturata che perfora la membrana pleurica, l'aria che penetra in questa cavità rompe il legame che mantiene il polmone adeso alla parete toracica. Il polmone collassa al proprio volume di riposo come un pallone sgonfio, mentre la parete toracica si espande verso l'esterno. Questa condizione, detta pneumotorace, determina il collasso del polmone e lo rende incapace di funzionare normalmente. La correzione di uno pneumotorace richiede, quindi, due fasi: la rimozione della maggiore quantità di aria con una pompa aspirante e la chiusura del passaggio per impedire l'ulteriore ingresso di aria. Comunque, all'inizio dell'inspirazione, come dicevamo, la pressione intrapleurica è circa -3 mmHg (punto B1). Mentre l'inspirazione procede, le membrane pleuriche e i polmoni seguono il movimento della cassa toracica in espansione per via della presenza del liquido pleurico. Il tessuto polmonare si oppone però all'azione di allungamento e i polmoni tendono ad allontanarsi dalla parete toracica portando la pressione intrapleurica a valori ancora più negativi (punto B2). Quindi al termine di un inspirazione, quando i polmoni sono completamente espansi, la pressione intrapleurica scende attorno a -6 mmHg (punto B2). Durante l'espirazione, invece, la cassa toracica torna alla propria posizione di partenza. I polmoni si rilasciano dalla loro posizione di estensione forzata e la pressione intrapleurica torna al proprio valore normale di circa -3 mmHg (punto B3). Si noti che la pressione intrapleurica non eguaglia mai la pressione atmosferica, perché la cavità è un compartimento chiuso. Quindi, come ben si può capire dai movimenti ventilatori, una ventilazione adeguata dipende dalla capacità dei polmoni di espandersi normalmente. La maggior parte del movimento ventilatorio è utilizzato per vincere le resistenze dell'elasticità polmonare e della cassa toracica all'estensione. Clinicamente, la capacità dei polmoni di espandersi è definita complianza. Un polmone con elevata complianza si dilata facilmente, mentre uno a bassa complianza richiede un lavoro maggiore dei muscoli inspiratori per dilatarsi. La complianza, comunque, è diversa dall'elastanza (elasticità). Il fatto che un polmone si espanda facilmente (elevata complianza) non significa necessariamente che riassuma il proprio volume a riposo quando la forza che tende a dilatarlo venga meno (elastanza). Comunque, la maggiore resistenza all'espansione dei polmoni è data dalla tensione superficiale, determinata dal sottile strato di liquido tra le cellule alveolari e l'aria. In corrispondenza di qualsiasi interfaccia tra aria e liquido, la superficie del liquido è sottoposta a una tensione, come una sottile membrana sottoposta a stiramento. La tensione superficiale alveolare è simile a quella che insorge in una bolla sferica. La tensione superficiale generata dalla sottile lamina di liquido è diretta verso il centro della bolla e genera una pressione all'interno della bolla stessa. La legge di LaPlace descrive questa pressione. Questa legge afferma che la pressione (P) all'interno di una bolla costituita da una lamina di liquido dipende da due fattori: tensione superficiale del liquido (T) e raggio della bolla (r). Questa relazione è espressa dalla seguente equazione:                P = 2T/r
Dunque, se due bolle hanno diametro differente, ma sono costituite da liquidi che hanno la medesima tensione superficiale, la pressione all'interno della bolla più piccola sarà maggiore di quella entro la bolla più grande. La bolla può essere, in questo modo, assimilata a un alveolo ricoperto di liquido, anche se gli alveoli non hanno forma perfettamente sferica. Il liquido che riveste tutti gli alveoli crea una tensione superficiale. Se quest'ultima fosse la medesima negli alveoli piccoli e in quelli grandi, gli alveoli piccoli presenterebbero una pressione verso l'interno maggiore e, dunque, maggiore resistenza allo stiramento. Come risultato, sarebbe necessario più lavoro per espandere gli alveoli più piccoli. Normalmente, tuttavia, i polmoni secernano un surfactante chimico che riduce la tensione superficiale. I surfactanti sono miscele contenenti fosfolipidi e proteine che riducono la forza coesiva tra le molecole di acqua sostituendosi all'acqua stessa in corrispondenza della superficie; infatti per definizione la tensione superficiale si sviluppa proprio a causa dei legami idrogeno tra le molecole d'acqua. Il surfactante risulta essere, per ovvi motivi, più concentrato a livello degli alveoli di minori dimensioni e rende la loro tensione superficiale inferiore a quella degli alveoli di maggiori dimensioni.
L'altro fattore, oltre alla complianza, che determina il lavoro ventilatorio è la resistenza dell'apparato respiratorio al flusso d'aria. Questa resistenza è per molti aspetti analoga a quella nell'apparato cardiovascolare. Tre parametri contribuiscono a generare la resistenza (R): la lunghezza del sistema (L), la viscosità del fluido che scorre nel sistema (η) e il raggio dei condotti del sistema (r). Le legge di Poiseuille mette in relazione questi fattori in modo simile a quello relativo al flusso dell'apparato cardiovascolare: R ∞ Lη/r4. Essendo lunghezza e viscosità praticamente costanti nell'apparato respiratorio, il raggio delle vie aeree è il principale fattore che determina la resistenza. Di solito, tuttavia, il lavoro richiesto per vincere le resistenze al flusso delle vie aeree è piccolo se paragonato al lavoro necessario per superare la resistenza all'espansione dei polmoni e della cassa toracica. Comunque, circa il 90% della resistenza delle vie aeree può essere attribuito a trachea e bronchi, strutture rigide, in modo che il loro diametro non subisca modifiche e la resistenza al flusso aereo è costante. Tuttavia, l'accumulo di muco per allergie o infezioni può aumentare drammaticamente le resistenze. Poi abbiamo i bronchioli, tubi che possono essere compressi, e una diminuzione del loro diametro può trasformarli in una fonte importante di resistenza. La broncocostrizione incrementa la resistenza al flusso aereo e diminuisce la quantità di aria che raggiunge gli alveoli. I bronchioli, come le arterie, sono sottoposti al controllo riflesso dei sistemi nervoso ed endocrino, ma la maggior parte dei cambiamenti minuto per minuto del diametro dei bronchioli si verifica in risposte a sostanze paracrine. L'anidride carbonica nelle vie aeree è la principale sostanza paracrina che influenza il diametro dei bronchioli. L'aumento della concentrazione di CO2 nell'aria espirata fa rilasciare la muscolatura liscia dei bronchioli e determina la broncodilatazione. Comunque, il principale controllo nervoso dei bronchioli è esercitato dai neuroni parasimpatici, che determinano broncocostrizione; questo è un riflesso che protegge il tratto inferiore delle vie aeree dall'azione di eventuali sostanze irritanti inalate.
Come l'efficienza dell'attività cardiaca è valutata tramite la gittata cardiaca, allo stesso modo, si può stimare l'efficacia della ventilazione calcolando la ventilazione polmonare totale, cioè il volume di aria spostato dentro e fuori dai polmoni a ogni minuto. La ventilazione polmonare totale, definita anche volume minuto, viene calcolata nel seguente modo:
Ventilazione polmonare totale = Frequenza ventilatoria x Volume corrente
La frequenza ventilatoria normale in un soggetto adulto è 12-20 atti al minuto. Con un volume corrente di 500 mL e la ventilazione polmonare totale sarà:
Ventilazione polmonare totale = 12 atti/minuto x 500 mL/atto = 6000 mL/minuto = 6 L/min
La ventilazione polmonare totale, quindi, rappresenta il movimento fisico dell'aria dentro e fuori il tratto respiratorio. Comunque, una quota dell'aria che entra nell'apparato non raggiunge gli alveoli poiché resta nelle vie aeree di conduzione, cioè trachea e bronchi. Poiché queste vie non riescono a scambiare gas con il sangue, vengono chiamate spazio morto anatomico; questo spazio ha un volume di circa 150 mL. Per illustrare la differenza tra il volume totale di aria che entra nelle vie aeree e il volume di aria “fresca” che raggiunge gli alveoli, si consideri un tipico atto respiratorio che determina il flusso di 500 mL di aria in un ciclo ventilatorio:
1.Al termine dell'espirazione il volume polmonare è massimo e l'aria recentemente inspirata riempie lo spazio morto;
2.Il volume corrente di 500 mL è espirato. Tuttavia, la prima parte di questi 500 mL che lascia le vie aeree è costituita da quei 150 mL d'aria “fresca” che si trovano nello spazio morto, ed è seguita da 350 mL d'aria “stantia” che si trova negli alveoli. Perciò, benché 500 mL di aria abbiano lasciato gli alveoli, solo 350 mL di quel volume lasciano l'organismo. Il restante volume di 150 mL rimane nello spazio morto;
3.Al termine dell'espirazione, il volume polmonare è minimo e l'aria “stantia” recentemente espirata riempie lo spazio morto anatomico;
4.all'ispirazione successiva, 500 mL di aria entrano nelle vie aeree. Ciò fa sì che negli alveoli entrino dapprima i 150 mL di aria “stantia” che riempivano lo spazio morto, seguiti dai primi 350 mL di aria “fresca”. Gli ultimi 150 mL di aria “fresca” inspirata rimangono nello spazio morto e non raggiungono gli alveoli.

Tratto da FISIOLOGIA: UN APPROCCIO INTEGRATO di Domenico Azarnia Tehran
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