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Tecniche di studio dei geni e della conformazione della cromatina

Per lo studio dei geni e della conformazione della cromatina si usano diverse tecniche. Una di queste è l'immunoprecipitazione della cromatina (ChIP) che ci permette di stabilire quale sequenza del genoma è legata ad una particolare proteina. Le proteine possono essere isoforme degli istoni modificati ad un amminoacido particolare o ad altre proteine associate alla cromatina. Quando viene utilizzato con gli anticorpi che riconoscono le modifiche dell'istone, il ChIP può essere usato "per misurare" la quantità della modifica. Un esempio è la misura della quantità di acetilazione dell'istone H3 connessa con una regione specifica del promotore del gene nelle varie circostanze che potrebbero alterare l'espressione del gene. Gli istoni non sono le uniche  che possano essere studiate usando questa tecnica. Gran parte dell'interesse recente è focalizzato anche nell'analisi della distribuzione dei fattori di trascrizione.  L'utilizzo del ChIP prevede che le cellule siano inizialmente fissate con formaldeide per effettuare il cross-linking del DNA e poi la cromatina viene raccolta dalle cellule e sottoposta ad un processo di immunoselezione, che richiede l'uso degli anticorpi specifici (il cross-linking in vivo con formaldeide lega covalentemente le proteine al DNA con cui interagiscono). Le cellule vengono lisate e il DNA viene rotto in frammenti di 500-1000 bp mediante sonicazione. L'immunoprecipitazione (IP) con un anticorpo (AB) specifico per la proteina di interesse consente la separazione del DNA legato dal resto del genoma. Il cross-linking può essere rimosso mediante riscaldamento, e il DNA identificato mediante PCR. Tutte le sequenze del DNA unite con cross-linking alla proteina di interesse coprecipiteranno come componente del complesso della cromatina. Dopo l' immunoselezione dei frammenti di cromatina e purificazione di quelli associati a DNA, la rivelazione delle sequenze di DNA specifiche viene svolta. Se il DNA che sarà rilevato è associato alla modifica dell'istone o della proteina che è esaminata, la rappresentazione relativa di quella sequenza del DNA sarà aumentata (o sarà arricchita) tramite il processo di immunoprecipitazione. Solitamente una PCR standard è effettuata per identificare la sequenza del DNA (il gene o la regione del genoma) connessa con la proteina di interesse. Un altra tecnica è quella dei Microarray. Mentre la ChIP ci permette di studiare una sola sequenza che lega una proteina, quest'ultima ci permette di analizzare un gran numero di sequenza. La tecnica dei microarray nasce negli anni 90 al fine di indagare i livelli di espressione dei geni in una cellula. Essa è in grado di stabilire se un certo gene è attivo in quella cellula, cioè se la proteina corrispondente viene effettivamente prodotta e in quale misura. Oggi è possibile stabilire l’espressione per migliaia di geni contemporaneamente, confrontando allo stesso tempo due diversi
tessuti, ad esempio campioni provenienti da pazienti diversi (uno sano e uno ammalato) o dallo stesso paziente (prima e dopo la cura). Un microarray, o DNA-chip, è un sistema miniaturizzato in cui su un apposito supporto di pochi cm2 vengono immobilizzati acidi nucleici a sequenza nota, detti sonde o probes, corrispondenti ai geni che si vogliono studiare. Da un campione biologico si preleva un’opportuna quantità di RNA, che è il prodotto intermedio del processo che dai geni conduce le proteine e che ha la caratteristica di riconoscere le sonde complementari alle quali si lega chimicamente. L’RNA viene sottoposto ad un processo di etichettatura con marker radioattivi o fluorescenti in modo da poterlo rilevare in fase successiva. Infine si procede alla ibridazione, dove la miscela di RNA viene messa in contatto con il microarray in modo che le sue molecole si leghino alle rispettive sonde. Il microarray viene poi letto da uno scanner, rendendo un’immagine in cui la luminosità o il colore di ogni punto è proporzionale alla quantità di RNA legatosi alla sonda in quel punto. L’immagine è acquisita ed elaborata al computer per produrre dati “raw image”, una misura dell’espressione genica per ogni gene presente sul chip. Comunque, entrambi le tecniche, la ChIP e i microarray, vangono combinate. Ad esempio se vogliamo vedere in quale regione del genoma è presente l'istone H3 acetilato sulla lisina 4, ci prepariamo un anticorpo specifico e con la ChIP isoliamo tutto il DNA. Quest'ultimo viene utilizzato per sondare un chip di microarray. Dopo una PCR lo marchiamo con fluorescenti e lo ibridizziamo, vedendo sul genoma quali sequenze portano la modificazione. Con questo processo costoso e complicato si è visto che l'acetilazione delle lisine H4K5, K8, K12 e K16 è correlata con l’attivazione genica. H4K16 sembra avere un ruolo più importante rispetto agli altri residui. Inoltre, si è visto che per l'attivazione della trascrizione è importante la metilazione delle lisine H3/K4, K36 e K79. Altri ricercatori hanno utilizzato diversi anticorpi per altrettante modificazioni  e hanno visto come le modificazioni degli istoni variano durante la trascrizione di particolari geni (tanto più è alto il segnale, tanto più è presente la modificazione). Grazie a questi esperimenti si è visto che: H3K4me3 (trimetilato: me3) si accumula al 5' dei geni e si associa con la forma di inizio della RNA polII (fosforilata sulla S5); H3K36me3 si accumula, invece, al 3' dei geni e si associa con la forma di allungamento della RNA polII (fosforilata sulla S2) e, infine, H3K79me3 è correlato con l’attivazione genica ma il suo ruolo non è ancora ben definito. Quindi, possiamo dire, che esistono diverse modificazioni correlate con le varie fasi della trascrizione. Infatti, alcuni residui risultano metilati all'inizio ed altri nella fase di allungamento.

Tratto da BIOLOGIA MOLECOLARE di Domenico Azarnia Tehran
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