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Il Biodisel

Il biodiesel è una miscela di esteri metilici, ottenuti dagli oli e dai grassi animali e vegetali. È caratterizzato da proprietà chimiche-fisiche  che lo rendono affine al gasolio e ne consentono la sostituzione nei motori a ciclo Diesel. Per alcune proprietà il biodiesel presenta un comportamento migliore di quello del gasolio, essendo caratterizzato da un numero di cetano più elevato del gasolio, evidenzia, infatti, una maggiore prontezza all’accensione e assicura una maggiore sicurezza
nella manipolazione. Per altre caratteristiche il biodiesel evidenzia, invece, un comportamento peggiore di quello del gasolio: il numero di iodio più elevato lo rende più deteriorabile e i valori più alti per i punti di intorbidamento e di scorrimento ne acuiscono le problematiche legate all’utilizzo nel periodo invernale. Il biodiesel, inoltre, presenta una densità energetica più bassa del gasolio, sicché per sostituire un chilogrammo di gasolio sono necessari 1,13 chilogrammi di biodiesel. Comunque, il biodiesel può essere prodotto dagli oli vegetali, ottenuti dalle colture oleaginose dedicate, e dagli oli e dai grassi animali e vegetali esausti di origine alimentare, recuperati mediante la raccolta differenziata. Alle latitudini italiane le colture dedicate generalmente impiegate per la produzione del biodiesel sono il colza, il girasole e, in misura inferiore, la soia. La coltivazione del cavolo dell’Abissinia (Brassica carinata) è in corso di sperimentazione e risulta promettente per le regioni meridionali, in virtù del suo modesto fabbisogno idrico e dell’elevata capacità di adattamento a terreni sia sciolti sia argillosi. La prima fase di produzione di questo biocarburante è il pretrattamento dei semi che è un’operazione articolata in diverse fasi ed è finalizzata a rimuovere i residui dovuti alla raccolta e a migliorare la resa dell’estrazione. I semi sono puliti con elettrovagli e magneti  e macinati a granulometria fine (farine) o grossolana. Il pretrattamento è completato dalle fasi di riscaldamento e condizionamento che, operando a condizioni di temperatura e umidità controllate (80-90°C e tenore di umidità del 7-10% in peso), favoriscono la fuoriuscita delle sostanze grasse. Successivamente l’estrazione degli oli può avvenire con diverse modalità, scelte in
funzione del contenuto in sostanza grassa dei semi e dell’investimento economico che si intende realizzare.
1.Estrazione meccanica: si avvale di una pressa a vite o idraulica ed è indicata per semi con un contenuto di sostanza grassa superiore al 20% in peso. La resa dell’estrazione è del 30-33% in peso.
2.Estrazione chimica: sfrutta la capacità dei solventi organici (esano, propano, fluidi supercritici) di disciogliere le sostanze grasse ed è indicata anche per semi con un contenuto in olio inferiore al 20% in peso.
3.Estrazione mista: è articolata in una prima fase di estrazione meccanica parziale, che lascia nella matrice un residuo in olio del 20- 24% in peso, e in una seconda fase di estrazione chimica. La resa di estrazione è del 42% in peso.
A questo punto, una successiva fase, la raffinazione consente di ottenere un olio qualitativamente adatto a essere convertito in biodiesel. Gli oli sono sottoposti alla centrifugazione, per separare i residui solidi.  Al termine della raffinazione, gli oli sono avviati alla trasformazione in biodiesel. Per quanto riguarda, invece, l'utilizzo per gli usi alimentari, gli oli e i grassi vanno incontro a un deterioramento, dovuto alle alte temperature della cottura. Oltre i 150°C, infatti, essi raggiungono il cosiddetto punto di fumo e i trigliceridi sono progressivamente scissi in digliceridi, monogliceridi e acidi grassi liberi, con conseguente aumento dell’acidità. La rigenerazione è finalizzata alla riduzione dell’acidità di questi materiali ed è condotta con soluzioni tecniche diverse e scelte in base ai valori di partenza. Al termine della fase di rigenerazione, gli oli possono essere convertiti a biodiesel, anche in miscela con gli oli provenienti dalle colture dedicate. A questo punto si applica la transesterificazione. Con il termine transesterificazione si fa riferimento alla reazione di sintesi del biodiesel, cui partecipano gli oli vegetali e il metanolo o l’etanolo come reagenti e il potassio idrossido o l’acido solforico come catalizzatore. I prodotti della reazione sono gli esteri metilici  (o metil esteri, ossia il biodiesel), con una resa del 90% in peso, e il glicerolo (o glicerina), con una resa del 10% in peso. La scissione dei trigliceridi, componenti degli oli, in esteri metilici ha l’effetto di ridurne la viscosità fino a valori prossimi a quelli del gasolio e, di conseguenza, di semplificare gli interventi necessari alla predisposizione dei motori, soprattutto per le applicazioni nell’autotrazione. La transesterificazione può essere condotta ricorrendo a soluzioni tecniche alternative, che differiscono principalmente per le condizioni di temperatura e pressione a cui si opera. La scelta tecnologica scaturisce dalla valutazione delle capacità produttive desiderate, della qualità degli oli vegetali e dell’investimento economico, che si intende realizzare.
Processo a temperatura ambiente: è la soluzione tecnica più semplice ed è indicata per impianti di piccola taglia; la reazione è condotta in discontinuo (in batch) alla temperatura di 20°C e alla pressione atmosferica. Come catalizzatore è utilizzato il potassio idrossido e l’acidità degli oli di partenza deve essere inferiore al 1%.
Processo a temperatura medio-alta: la reazione è condotta in continuo o in discontinuo alla temperatura di 70°C e alla pressione atmosferica. Come catalizzatore è impiegato il potassio idrossido e gli oli vegetali devono garantire un’elevata qualità (acidità inferiore all’1%).
Processo a elevate temperatura e pressione: è la soluzione più sofisticata ed economicamente onerosa, a causa delle condizioni di reazione imposte; appare, pertanto, giustificata per capacità produttive consistenti (almeno 25.000 tonnellate/anno). La reazione è condotta generalmente in continuo alla temperatura di 220°C e alla pressione di 50 MPa. Come catalizzatore è utilizzato l’acido fosforico ed è tollerata una qualità degli oli vegetali più scarsa (acidità inferiore al 4%).
Al termine della transesterificazione, si procede con l’estrazione del metanolo residuo, usato sempre in eccesso, e del glicerolo. Il metanolo è riutilizzato in testa all’impianto, mentre il glicerolo è purificato e collocato sul mercato per l’impiego nelle industrie di farmaceutica e cosmetica.

Tratto da BIOTECNOLOGIE MICROBICHE E AMBIENTALI di Domenico Azarnia Tehran
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