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Jurgen Habermas 1929 - Ancora Vivo

Jurgen Habermas 1929 - ancora vivo


Allievo di Adorno, ultimo erede della tradizione della scuola di Francoforte; egli intende sviluppare una teoria generale dell’azione sociale a partire dalla filosofia analitica del linguaggio (Wittgestein: individuazione di regole che presiedono alla formazione del linguaggio e l’analisi logica dei processi di produzione dei significati linguistici. Per Wittgestein è possibile identificare una forma logica generale che è il linguaggio che ha una forma logica comune a quella del mondo. A diverse forme di linguaggio corrispondono diverse forme di vita; il linguaggio è un attività e una forma di vita specifica caratterizzata da regole. 1955 Austin: importanza del momento illocutorio = forza di una parola, frase e contesto in cui viene detta) e l’ermeneutica (scienza dell’interpretazione. Nell’interpretazione il linguaggio è fondamentale perché a partire da esso che si da la possibilità di comunicare tra mondi culturali diversi e la tradizione diventa traduzione. Gadamer e la fusione di orizzonti = interprete e interpretazione portano ognuno qualcosa tanto da fondersi per questo il linguaggio non è mai esente dalla dimensione del pre- cioè da pregiudizi, preconcetti già presenti sia nel mondo dell’autore sia in quello dell’interprete;). L’implicazione sociologica più importante rispetto a queste teorie sta nella rottura con la tradizione weberiana per cui la dimensione dell’agire è sempre legata all’intenzionalità.
A partire da questi presupposti Habermas sviluppa la c.d. Teoria dell’agire comunicativo abbandonando lo studio dell’individuo come entità solitaria e autosufficiente in favore dell’interazione. Il presupposto alla base della teoria dell’agire comunicativo infatti è che COMUNICARE E’ AGIRE quindi parlare è compiere un azione. Habermas quindi nel suo saggio Coscienza morale e agire comunicativo distingue l’azione generale da quella comunicativa e per farlo utilizza il concetto di mondo della vita: quando agiamo in generale stiamo padroneggiando una situazione che è un segmento, una parte del mondo della vita che è stato così delimitato ad un tema. Il mondo della vita dunque è l’atmosfera in cui siamo immersi in maniera riflessiva costituita da ovvietà indiscusse e intersoggettivamente condivise; pertanto è lo sfondo vago è solo intuitivamente presente che sta alle spalle dei comunicanti e rappresenta le nostre certezze. Quando noi agiamo andiamo ad incidere su questo mondo ritagliando, tematizzando un aspetto del mondo –della -vita per potarlo nel Nostro mondo che è appunto quello tematizzato, oggettivato. Il tema che serve a differenziare il mondo dal mondo della vita si forma in base a interessi e mete (progetti d’azione)  dei partecipanti alla situazione linguistica che è al contempo situazione dell’azione e situazione linguistica. La differenziazione tra il mondo – della -vita e il nostro mondo sta nella comunicazione o meglio nell’agire la situazione linguistica in cui il segmento del mondo –della -vita viene a far parte del saputo, tematizzato, oggettivato. La comunicazione per Habermas quindi è una modalità dell’agire: non solo trasmissione di contenuti ma un vero e proprio agire comunicativo. La razionalità comunicativa fa suoi gli a-priori kantiani della comunicazione. La dimensione che rende possibile la conoscenza è data dalle regole trascendentali, regole cioè che sono tali a priori; affinché ci sia un linguaggio devono esserci delle regole a priori. 
Ogni espressione di atti linguistici è fondata su pretese di validità  cioè su riferimenti di legittimazione, regole senza le quali non potrebbe esistere la comunicazione che sono:
- verità: mondo oggettivo (totalità delle entità): funzione constantiva 
- correttezza : mondo sociale (totalità delle interazioni): funzione regolativa 
- sincerità: mondo soggettivo ( totalità delle espressioni e intenzionalità soggettiva): funzione espressiva.  
Alla base di ogni rapporto comunicativo quindi esistono dei presupposti impliciti di razionalità che una volta esplicitati possono fornire un criterio generale di riferimento per distinguere la comunicazione autentica da quella distorta. Nella comunicazione vera, cioè l’agire comunicativo devono esserci delle regole come gli a-priori di Kant che rendono possibile lo scambio comunicativo tra tutti i partecipanti che perseguono i propri fini illocutivi allo scopo di raggiungere un intesa che costituisca la base del coordinamento unanime dei progetti d’azione perseguiti di volta in volta in modo individuale.
La differenza tra l’agire orientato al successo e l’agire comunicativo è proprio questa: mentre nel primo caso gli attori perseguono fini strategici e tattici basandosi si imperativi ipotetici e calcoli strumentali la razionalità dell’agire comunicativo sta nella capacità di conseguire un intesa razionale. In definitiva dunque Habermas quando si riferisce all’agire comunicativo si riferisce la momento in cui tutti gli attori si impegnano a concordare piani di azione e perseguire i propri scopi solo attraverso il raggiungimento di un accordo precedente o da concordare. Nella società capitalista la logica prevalente è quella dell’agire orientato al successo: il sistema ci impone la logica del successo piuttosto che quella della comprensione (critica al capitalismo moderno). L’agire comunicativo invece è tipico della comunità ideale della comunicazione; si tratta di una forma di azione attraverso la quale vengono messe in atto le potenzialità di intesa del linguaggio e ciò avviene quando i progetti d’azione degli attori partecipi non vengono condizionati attraverso egocentrici calcoli di successo ma attraverso atti dell’intendersi. Si prefigura così un mondo ideale in cui gli uomini possono comunicare indipendentemente dalle distorsioni del linguaggio dovute al potere espresso tramite l’agire orientato al successo. Nel mondo della vita gli individui si capiscono a presa diretta sulla base di regole esplicitate: in questo modo è possibile capire se si tratta di comunicazione autentica o meno. 

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