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Semiotica del testo, soglie e frontiere


Karen Blixen dice che trasformare la propria vita in un racconto è una grande gioia, si trasforma un insieme confuso di azioni ed eventi in una totalità organizzata, una successione ordinata molto più comprensibile. Attraverso il racconto si può dare un senso alle cose.
Umberto Eco sostiene che la narrativa svolga una “funzione terapeutica” ed è per questo che dall’antichità gli uomini si raccontano le storie
I miti danno forma al disordine dell’esperienza, giocando ci si allena per la vita reale, ci si prepara. Attraverso la finzione narrativa addestriamo la nostra capacità di dare ordine alle esperienze passate e future. Da quando l’uomo ha cominciato a scrivere testi questi sono diventati segni considerati nella loro totalità e non più singolarmente. Dagli anni ’70 non si parla più di segno, non più la singola parola, non frasi isolate, ma il testo intero, in quanto tale. Nasce la semiotica del testo, diviso in due parti (significata: la storia narrata e significante: l’espressione linguistica adottata). Per esempio un testo scritto in italiano può essere tradotto in varie lingue (cambia la lingua, il contenuto rimane lo stesso) o trasposto in film (altra forma di testualità), cambia il significante, non il significato. Anche osservando un quadro, si arriva a trarne il suo significato in base alla disposizione delle forme del disegno. La semiotica spiega perché un certa disposizione del significante porta ad un certo significato

Tratto da SEMIOTICA DELLA PUBBLICITÀ di Priscilla Cavalieri
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