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L’allegato E della legge 20 marzo 1865: l'abolizione del contenzioso amministrativo


L’allegato E viene frequentemente designato come “legge di abolizione del contenzioso amministrativo”, perché disponeva la soppressione dei c.d. giudici ordinari del contenzioso amministrativo.
Nell’allegato E fu delineato, in estrema sintesi, il seguente assetto della giustizia amministrativa:
a.    “tutte le cause per contravvenzioni e tutte le materie nelle quali si faccia questione di un diritto civile e politico” furono assegnate al giudice ordinario (art. 2).
La legge precisava espressamente che la competenza del giudice ordinario non poteva subire eccezioni per il fatto che parte in giudizio fosse un’Amministrazione o che fossero coinvolti suoi interessi: nel disegno del legislatore alla soppressione dei Tribunali del contenzioso amministrativo doveva perciò corrispondere un’estensione dell’ambito della giurisdizione ordinaria.
b.    “gli affari non compresi” nell’ipotesi precedente furono riservati alle autorità amministrative (art. 3).
In quest’ambito riservato all’Amministrazione erano introdotte, però, alcune garanzie per i cittadini, segno che il legislatore aveva percepito la delicatezza della loro posizione in un ambito escluso dalla tutela giurisdizionale.
In primo luogo, infatti, era previsto che le autorità amministrative avrebbero provveduto con “decreti motivati”, con l’osservanza del contraddittorio con “le parti interessate” e previa acquisizione del parere degli organi consultivi; tale norma rimase, comunque, senza attuazione pratica.
In secondo luogo nei confronti dei decreti assunti dall’Amministrazione, fu consentito il ricorso in via gerarchica: a questo ricorso amministrativo fu subito riconosciuta un’operatività molto ampia.
Le disposizioni appena richiamate definivano così, in via generale, il quadro dei c.d. limiti “esterni” della giurisdizione civile nei confronti dell’Amministrazione, ossia l’ambito delle controversie demandate alla competenza del giudice ordinario (i limiti “esterni” di una giurisdizione si contrappongono ai limiti “interni”, cui si farà cenno più avanti, che, con riferimento alle vertenze in cui sia coinvolta un’Amministrazione, identificano i poteri che il giudice può esercitare verso l’Amministrazione nella decisione delle controversie di propria competenza).
Fondamentale era la considerazione secondo cui l’espressione “diritto civili e politici” non poteva ritenersi omnicomprensiva.
Anche se solo successivamente essa fu equiparata alla nozione dei “diritti soggettivi”, era percepito in modo chiaro che vi erano anche posizioni soggettive di altro genere (chiamate talvolta come “diritti minori” o “interessi”) che risultavano non protette dalla giurisdizione ordinaria.

Tratto da GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA di Stefano Civitelli
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