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Parti non necessarie: la tutela dell’interesse


Le disposizioni che disciplinano l’intervento nel processo amministrativo definiscono lo strumento e le modalità per l’ingresso nel processo di una parte non necessaria, ma non identificano i contenuti e l’ampiezza della tutela offerta alla parte che interviene.
Per valutare questo aspetto è però necessario chiarire, innanzi tutto, in che cosa consista l’”interesse” che legittima l’intervento in giudizio.
Tale interesse non può essere identico a quello fatto valere dal ricorrente; resta da capire in che cosa consista.
La giurisprudenza ammette che l’intervento possa essere proposto a tutela di un interesse “dipendente” da quello di una delle parti necessarie, nel senso che il provvedimento impugnato avrebbe un’incidenza diretta solo sulla posizione di una parte necessaria e produrrebbe un effetto “riflesso” sul terzo interventore.
Si discute, inoltre, se sia sufficiente, per l’intervento, un interesse semplice o di fatto: una parte della giurisprudenza sembra orientata favorevolmente, ma è stato sostenuto in dottrina che in realtà, nei casi ammessi dalla giurisprudenza, l’interesse di fatto avrebbe carattere di interesse giuridico, seppur inerente ad altro ordine di rapporti rispetto alla situazione su cui interviene il provvedimento impugnato.
È invece ritenuto insufficiente l’interesse al c.d. precedente (si pensi al caso di chi intenda intervenire in giudizio per far affermare un principio di diritto che potrebbe risultare significativo anche ai fini di una diversa vertenza instaurata da questo soggetto).
In tutti questi casi la giurisprudenza ammette un intervento adesivo “dipendente”.
Di conseguenza, il soggetto che intervenga a favore del ricorrente (interventore “ad adiuvandum”) può solo introdurre argomenti a sostegno dei motivi di impugnazione proposti dal ricorrente stesso, non può proporre conclusioni proprie né nuove censure contro l’atto impugnato e non può dar corso ad atti d’impulso del giudizio, né proporre impugnazioni.
Il soggetto che intervenga in una posizione corrispondente a quella della parte resistente o di un controinteressato (interventore “ad opponendum”) non incontra invece particolari limitazioni in merito alle conclusioni, dato che esse non possono che essere nel senso del rigetto del ricorso.
Sono stati enucleati dall’ambito generale dei potenziali interventori “ad opponendum”, alcuni soggetti particolari: titolari di un interesse giuridico autonomo alla conservazione dell’atto impugnato, non sono però identificabili con i controinteressati perché non sono destinatari di specifiche utilità giuridiche assegnate loro dal provvedimento amministrativo.
La circostanza che questi soggetti siano titolari di un interesse giuridico autonomo ha condotto la giurisprudenza a riconoscere per essi, pur non essendo parti necessarie del processo di primo grado, la facoltà di impugnare la sentenza loro sfavorevole, e ciò anche se non erano intervenuti nel relativo giudizio.

Tratto da GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA di Stefano Civitelli
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