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Il ricorso per motivi aggiunti e l’errore scusabile


Se il ricorrente viene a conoscenza solo in un secondo tempo di determinati altri vizi, può farli valere con il ricorso per motivi aggiunti.
Questa nozione di “piena conoscenza” non appare del tutto coerente con la disciplina introdotta con la l. 241/90.
Tale legge, infatti, impone all’amministrazione di porre comunque a disposizione del cittadino il testo dell’atto amministrativo lesivo di un suo interesse giuridico.
Per questa ragione una parte della giurisprudenza si era orientata nel senso di negare che il termine per ricorrere decorra da una conoscenza generica o indiretta dell’atto amministrativo.
La giurisprudenza prevalente sembra però ferma sulla posizione tradizione.
L’inosservanza del termine per la notifica, quando sia stata determinata da un errore scusabile, può essere valutata dal giudice amministrativo ai fini di una rimessione in termini.
Il termine per la notifica del ricorso, come ogni altro termine per adempimenti processuali, è sospeso dal 1° Agosto al 15 Settembre di ciascun anno per le c.d. ferie giudiziarie.
Per i giudizi proposti a tutela di diritto soggettivi che non comportino l’impugnazione di provvedimenti non opera un termine dei decadenza per il ricorso (ferma restando ovviamente la disciplina della prescrizione).
Si è discusso a lungo se la stessa logica non dovesse valere anche per il ricorso nel caso di silenzio dell’Amministrazione: infatti, anche questo giudizio non verte su un provvedimento amministrativo.
Il Consiglio di Stato ha sostenuto in passato che il termine perentorio di 60 giorni valesse anche per il ricorso nel caso di silenzio, sostenendo che tale termine sarebbe connaturato alla tutela degli interessi legittimi.
Il legislatore, però, di recente ha disposto diversamente, stabilendo che nel caso di silenzio il ricorso “può essere proposto fintanto che dura l’inadempimento”, è stato però introdotto uno specifico termine decadenziale di 1 anno.

Tratto da GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA di Stefano Civitelli
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