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Religione e magia in Europa alla fine dell'età preindustriale


L’elemento comune tra le popolazioni europee alla fine dell’età preindustriale è rappresentato dalla centralità del sacro nelle loro esistenze. La parrocchia rappresentava l’unità di base della vita associata di tutta l’Europa cristiana. Il curato, nella maggio parte dei casi, costituiva il più importante tramite con il mondo esterno e nella chiesa parrocchiale si celebravano i riti di passaggio che scandivano la vita degli individui e delle famiglie. Sia il tempo che lo spazio erano profondamente impregnati di valori cristiani.

Le devozione tardo medievale delle popolazioni europee era sicuramente incentrata sulla commossa contemplazione della sofferenza terrena sopportata da Cristo per la redenzione degli uomini, e insieme della partecipazione ad essa della Vergine, dei discepoli e dei santi. Ma l’ossessione della morte, che si esprimeva tra l’altro nella voga delle raffigurazioni della danza macabra, era d’altra parte acuita dalla fragilità dell’esistenza, dall’impotenza dell’uomo di fronte alle malattie, alle disgrazie, alle carestie, dall’incapacità della ragione a spiegare la maggior parte degli eventi: di qui il ricorso alla religione, incoraggiato dalla Chiesa, in funzione non solo propiziatoria o consolatoria, ma anche per prevenire o lenire le sofferenze di questo mondo.
Così il confine tra religione e magia diventa estremamente labile per le masse di credenti. Se le formule latine del sacerdote che celebrava la messa erano sufficienti a trasformare le specie dell’eucarestia nel corpo e nel sangue di Cristo, perché non si doveva credere nell’efficacia soprannaturale del ricorso a persone, parole e cose dell’universo religioso? Tuttavia poteri magici erano attribuiti, anche senza la sua connivenza, al prete o al frate come partecipe della sfera del sacro, alle reliquie e agli oggetti utilizzati per il culto, alle formule impiegate nella messa o per gli esorcismi. Era inoltre molto diffusa la credenza che anche altri uomini e, soprattutto, donne detenessero facoltà soprannaturali come quella di predire il futuro, di guarire uomini e animali, di influire sulle inclinazioni amorose e anche, però, di infliggere danni e malattie. Sin dal medioevo si credeva che streghe e stregoni dovessero i loro poteri ad un patto stipulato con il diavolo.

La contiguità tra religione e magia, il carattere superstizioso di molte credenze e di molte pratiche devozionali, divennero nel XVI secolo uno dei motivi centrali della polemica protestante contro la Chiesa di Roma, ma anche quest’ultima divenne meno tollerante nei confronti di quelli che apparivano come residui di paganesimo o pericolosi tralignamenti dell’ortodossia religiosa. Tra i bersagli delle autorità protestanti e cattoliche rientrarono quindi le festività profane, e si fece un immenso sforzo per estirparle o per assimilarle ad una visione del mondo cristiana. La caccia alle streghe toccò il suo punto più alto tra il 1580 e il 1660, in coincidenza con il prevalere in Europa di un clima di paura, sospetto ed intolleranza che si espresse anche nella persecuzione degli ebrei e nell’ossessione degli untori. Solo gradualmente, a partire dalla seconda metà del XVII secolo, i ceti colti smisero di credere alla stregoneria e alla magia, che rimasero però più a lungo radicate nell’universo mentale degli strati popolari in gran parte dell’Europa.

Tratto da STORIA MODERNA - 1492-1948 di Selma Aslaoui
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