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Le rivolte antispagnole a Napoli e in Sicilia


Una grave carestia e il malcontento crearo dal fiscalismo spagnolo furono all’origine del fermento popolare a Palermo nel 1647 con saccheggi e incendi di case. Il vicerè spagnolo fu costretto ad abolire le gabelle e ad approvare una riforma dell’amministrazione municipale che assegnava alle maestranze ( = le corporazioni di mestiere) il controllo dell’annona e della polizia.

Più prolungata fu la crisi del dominio soagnolo nel Mezzogiorno continentale, a Napoli la direzione del movimento fu assunta da un popolano Masaniello, che però venne ucciso.
Gli insorti napoletani proclamarono la repubblica e invocarono la protezione del re di Francia, ma il cardinale Mazzarino si limitò ad appoggiare l’iniziativa personale di Enrico duca di Guisa che sperava di impadronirsi del regno con l’appoggio della nobiltà meridionale.

Il fallimento della rivolta antispagnola a Napoli determinò un aggravamento della crisi economica e sociale e chiuse per sempre la prospettiva della formazione di un fronte anifeudale comprendente i ceti medi, popolari urbani e le masse rurali.
Un ultimo tentativo rivoluzionario ebbe luogo a Messina, rivale di Palermo per il primato in Sicilia, negli anni 70 -> gli insorti messinari chiesero aiuto a  Luigi XIV ,in guerra contro la Spagna, che inviò una squadra navale ad occupare le città, ma il resto dell’isola rimase fedele alla sovranità spagnola.

Tratto da STORIA MODERNA - 1492-1948 di Selma Aslaoui
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