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Sorveglianza. Eterno conflitto e insicurezza


Si immiserisce la figura del cittadino, subordinato sempre più a mero suddito e consumatore; inoltre, non è solo lo spazio virtuale ad essere sotto controllo, ma anche lo spazio reale, i tradizionali luoghi pubblici, segnando così il passaggio da una sorveglianza mirata ad una generalizzata. Anche i dati vengono conservati per periodi sempre più lunghi.
Non vi sono più spazi né per nascondersi, né per l’intimità; anche camminare per strada diventa un atto registrato dalle telecamere. Questa pubblicizzazione degli spazi privati incide sui comportamenti individuali e sociali: sapersi osservati limita la spontaneità e la libertà, portando a chiudersi in casa e a difendere quest’ultimo spazio privato. Ma in questo modo si arriva a considerare lontano e ostile tutto quello che si trova nel mondo esterno, portando alla possibilità di eterno conflitto e per questo di insicurezza; questo contraddice il più forte argomento per legittimare la sorveglianza, appunto la sua vocazione a produrre sicurezza.
La sorveglianza si trasferisce dall’eccezionale al quotidiano, dalle classi pericolose alla generalità delle persone; la folla non è più anonima, ma si riesce ad estrarre il singolo dalla massa, profilare ogni cittadino.

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