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Olismo semantico di Quine e Putnam


Oggi infatti, seguendo la visione accettata, i siamo ben coscienti del fatto che la domanda che dobbiamo porci non è “che senso ha un singolo enunciato” (quindi in termini freghiani che legame ha con il mondo) ma “che senso ha un enunciato all’interno di una rete teorica coerente”. Questo è il passo in avanti che è stato fatto da Quine e che ha dato vita a quello che prende il nome di olismo semantico.
Negli anni ’60 succede un fatto importante: Puttnam scrive un articolo: “Cosa le teorie non sono”. La tesi è questa: la received view descrive le teorie scientifiche non per come sono fatte. La scienza non è fatta così come la visione accettata la descrive (cioè la clessidra descritta sopra). Egli però non dice mai cosa la scienza è ma solo cosa a suo modo di vedere non è.
Di li a poco anche Quine in qualche modo seguirà questa linea sostenendo una sorta di “naturalizzazione della scienza” che porta avanti l’idea secondo cui il filosofo della scienza non deve dire come la scienza dovrebbe essere, ma deve limitarsi a riflettere su come essa è. Cioè dall’articolo di Puttnam in poi si sviluppa l’idea che il filosofo che si occupa di scienza non deve dare dei modelli riguardo al modo di essere della scienza, cioè la sua riflessione non deve in alcun modo essere normativa.

Tratto da FILOSOFIA DELLA SCIENZA di Carlo Cilia
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