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Platone. Vita buona tra scienza e piaceri


Come il mondo risulta approssimazione di un modello, così anche la città concreta deve essere approssimazione di quel modello sviluppato nella Repubblica. Egli allora si pone in uno dei suoi ultimi dialoghi, il problema di definire non più il bene in sé ma in relazione agli uomini: quale è la vita buona per l’uomo? Fa questo nel Flebo.
La vita buona non sarà né abbandono ai piaceri come sosteneva Eudosso suo discepolo (poiché senza intelletto non potresti sapere di star provando piacere) né abbandono alla sola scienza come affermavano Speusippo e Senocrate. Sarà allora una giusta mescolanza tra le due cose. I piaceri sono suscettibili di gradazioni e possono passare dal finito all’infinito. Solo l’unione tra limite e illimitato da vita alla proporzione.

Tratto da FILOSOFIA ANTICA di Carlo Cilia
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