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Lanfranco di Pavia e la scienza sacra


Lanfranco di Pavia: nella seconda metà dell’XI secolo lo sviluppo della dialettica in campo del sapere profano, porta gli ambienti monastici a ridiscutere l’importanza che la dialettica ha e può avere all’interno della Rivelazione e più in particolare della scienza sacra. Lanfranco ci tiene ad un tale distinzione tra Rivelazione e scienza sacra poiché considera la prima come l’insieme delle verità che Dio ha, attraverso lo Spirito, rivelato agli uomini; mentre parla della seconda come una scienza, che utilizzando la dialettica e i metodi razionali delle scienze profane, è in grado di sistemare le verità di fede in un ragionamento coerente. È chiaro quindi che la prima è strettamente legata alla verità e alla sapienza, la seconda è un’ancella, una scienza che aiuta, appoggia ma che da sola non è in grado di dare sapienza all’uomo. Infatti la dialettica è considerata assolutamente inadeguata a spiegare i dogmi della fede. È chiaro infatti che secondo i principi dialettici a parere di Lanfranco, un uomo non può nascere da una vergine, un morto non può resuscitare. Ma soprattutto se dovessimo seguire i principi dialettici dovremmo non accettare la morte in croce del Cristo, perché in contraddizione con la sua immortalità. Se Cristo è Dio e Dio è immortale, Gesù non può essere morto in croce. Lanfranco “giustifica” per così dire la legittimità della dialettica proprio partendo dal principio che essa non ha valore dimostrativo per ciò che riguarda le verità di fede e quindi non contraddice le manifestazioni di Dio anzi in certi casi ha il potere di sostenerle.

Tratto da LA DOTTRINA DEI TEOLOGI di Carlo Cilia
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