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Anselmo. "De potestate" e scelte del linguaggio


Ad ogni modo però nel De potestate Anselmo ci tiene a mettere in luce come nella maggior parte dei casi, a proposito del rapporto necessità-libertà, vi siano delle imprecisioni linguistiche; in termini più precisi quando si parla di volontà o necessità, spesso si utilizzano impropriamente i termini. Per questo motivo egli prende in considerazione una serie di termini quali facere, velle, posse, debere, voluntas, potestas, impotentia per precisarne il significato che di volta in volta assumono in relazione al contesto in cui si trovano e all’oggetto cui ineriscono.
Insomma nel pensiero di Anselmo saperi profani e teologia hanno un patrimonio comune nella dialettica, unica garante di razionalità. Ma la cosa più importante che Anselmo aggiunge al pensiero a lui contemporaneo è un’alternativa d’accesso alla teologia; alternativa che non vuole mettere da parte il dato rivelato, ma vuole ad esso conferire autorità e forza, ponendosi così sullo stesso piano di chi quel dato non lo accetta come rivelato e ha bisogno di “studiarlo” razionalmente.

Tratto da LA DOTTRINA DEI TEOLOGI di Carlo Cilia
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