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Somiglianze di famiglia


I risultati di oltre un secolo di ricerca antropologica su gruppi domestici, relazioni di parentela e famiglie non forniscono alcun sostegno all’idea che la civiltà o l’ordine sociale dipendano dal matrimonio come istituzione esclusivamente eterosessuale, ma portano invece a concludere che una vasta gamma di tipi di famiglia, comprese famiglie basate su unioni omosessuali, possono contribuire a società stabili e umane.
Il punto da cui ripartire è la critica antropologica dell’universalità della famiglia nucleare Dubbiosi che la Famiglia nucleare sia davvero universale e quindi reperibile e riconoscibile in ogni tipo di formazione familiare o di gruppo domestico, alcuni antropologi hanno provato a elementarizzare ancor più il nucleo di Murdock, sfrondandolo del rapporto coniugale. Diverse testimonianze etnografiche hanno infatti posto in luce formazioni familiari in cui il marito/padre è del tutto o quasi assente. Il nucleo risulta in tal modo ridotto alla dimensione procreativa.
È il caso di Goodenough e di Fox, i quali concepiscono la famiglia nucleare così ridotta, ovvero costituita da una donna e dai suoi figli, come un gruppo presente in tutte le società umane.
L’antropologia più recente ha rinunciato alla definizione della famiglia sulla base di un nucleo universale.
In particolare, negli anni ’70, l’antropologia della parentela conosce un periodo di ripensamento interno e si rinuncia alla ricerca del nucleo familiare universale, perché l’individuazione di un nocciolo irriducibile è un’operazione pur sempre arbitraria e presenta l’enorme svantaggio di ‘sbattere fuori’ dal recinto ‘famiglia’ una serie di soluzioni, trattate come ‘anomalie’, ‘errori', ‘eccezioni’.
Remotti ritiene, in questo testo, che l’antropologia debba fare a questo riguardo quello che Wittgenstein faceva di fronte al problema della definizione di cosa sia un gioco. Invece che trovare una definizione univoca che includa certe forme di famiglia e ne escluda altre, dice Remotti, bisogna osservare quali sono le modalità di vivere insieme che i diversi gruppi umani hanno elaborato. E allora ci si accorgerà che queste forme eterogenee hanno delle connessioni tra loro, degli elementi comuni, come sono le somiglianze di famiglia (i fratelli si assomigliano).
Come faremo allora a spiegare a qualcuno che cos’è un giuoco [una famiglia]? Io credo che gli descriveremo alcuni giochi, e poi potremmo aggiungere: «questa, e simili cose, si chiamano ‘giuochi’». E noi stessi, ne sappiamo di più? Forse soltanto all’altro non siamo in grado di dire esattamente che cos’è un giuoco? — Ma questa non è ignoranza.
Non conosciamo i confini perché non sono tracciati.
Non dire: «Deve esserci qualcosa di comune a tutti, altrimenti non si chiamerebbero ‘giuochi’ [famiglie]» — ma guarda se ci sia qualcosa di comune a tutti. Infatti, se li osservi, vedrai somiglianze, parentele, e anzi ne vedrai tutta una serie. Come ho detto: non pensare, ma osserva!
L’antropologo costruisce non una tipologia di famiglie, ma una rete di connessioni, mediante cui forme diverse di famiglia si collegano sotto molteplici punti di vista.

Tratto da CONTRO NATURA (UNA LETTERA AL PAPA) di Anna Bosetti
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