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La riforma dell'opera


I recitativi da «secchi» diventano «accompagnati» e si trasformano in veri e propri ariosi, favoriti da una metrica che ritrova in essi regolarità e più frequente cadenza di rime.
L’aria riduce ripetizioni e melismi e si avvicina al tempo di un recitativo un po’ meno veloce di quello «secco»; il contenuto si fa più dinamico e drammatico e meno statico e lirico. La parola ritrova cosi spazio e centralità e la musica vi si compenetra in modo nuovo, riducendo il «tagliente divario nel dialogo fra l’aria e il recitativo».
A queste novità formali doveva corrispondere anche un’adeguata revisione dei temi. Il soggetto mitologico e classico, garante di semplicità e intensità, apre la strada a una curvatura tragica nuova e più radicale del melodramma, che si prepara alle note cupe e tenebrose del romanticismo. Il rinnovato ruolo del coro prende a intervenire in varie forme musicali e drammaturgiche nell’azione.
Questi cambiamenti richiedono una nuova forma non solo musicale, ma anche metrico-linguistica: dalla regolarità si passa a disegni più mossi, con versi frequentemente parisillabi (senario, ottonario, decasillabo), trame di enjambements che scavalcano il verso e spezzano la simmetria verso e frase musicale.
Invece di valere la regola del testo letterario come punto inalterato (con variazione della musica a seconda dei compositori), comincia a valere quella della musica che si attacca a un testo inscindibilmente.
Il secolo che si era aperto riferendo le opere ai poeti, si chiude attribuendole ai compositori. La musica, più che le parole, è il nuovo misuratore e garante del successo del teatro musicale.

Tratto da DA MONTEVERDI A PUCCINI di Anna Bosetti
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