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Istinto tra intelligenza e intuizione in Bergson



La realtà è attingibile solo attraverso la metafisica (quindi l’intuizione) ma siccome l’uomo deve prima di tutto vivere nella materialità di tutti i giorni, egli tende ad applicare gli schemi del sapere scientifico alla quotidianità. Il ricorso all’intuizione è altresì difficile per l’uomo perché comporta la rinuncia di due elementi di cui l’uomo riesce difficilmente a fare a meno: la concettualizzazione e il linguaggio. Ma questi due processi implicano necessariamente la spazializzazione e la frammentazione della realtà. Il rapporto tra intelligenza e intuizione è sviluppata da Bergson sia nell’Introduzione alla metafisica che nell’Evoluzione creatrice. Tuttavia se nella prima egli distingue nettamente le due facoltà, nella seconda trova uno strumento “mediatico” che permette all’intelligenza di diventare intuizione: esso è l’istinto. Ora l’intelligenza come anche l’istinto sono facoltà dirette alla realizzazione di azioni pratiche; con la differenza però che l’istinto è proprio degli animali perché tende a servirsi di strumenti già organizzati, mentre l’intelligenza, propria degli uomini, implica la capacità di costruire strumenti fatti apposta per soccombere le mancanze che l’uomo sente in determinate situazioni. Ma l’uomo è in parte anche istinto e questo mix istinto-intelligenza in certi casi permette all’uomo di “razionalizzare” il suo istinto. In questo modo l’istinto acquista la coscienza dell’intelligenza, conservando allo stesso tempo l’immediatezza che l’intelligenza ha perduto: è così che l’istinto diventa intuizione. L’intuizione estetica conferma dimostra questo passaggio.

Tratto da STORIA DELLA FILOSOFIA CONTEMPORANEA di Carlo Cilia
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