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Essere se stessi


Tutto ciò che esiste è potenza, e ogni specie vivente, quindi è una quantità di forza, è ciò che Aristotele chiamava enérgheia, Spinoza conatus existendi (spinta all’autoconservazione), Freud libido, Nietzsche volontà di potenza (elabora l’idea di Spinoza, dicendo che nulla mai potrebbe conservarsi se non avesse la possibilità di espandersi).
Nell’uomo questa potenza si manifesta come dinamica espansiva, come pulsione, spinta. I moti pulsionali si trasformano in desideri. Il desiderio, in quanto voglia di espansione è capacità di acquisizione e quindi è manifestazione di forza; in quanto bisogno d’altro è mancanza.
Sotto la spinta del desiderio, l’uomo si sente onnipotente e tende perciò a divenire prepotente, a divorare l’altro e non a crescere con lui e attraverso lui. Il desiderio, alimentando un’illusione di onnipotenza fa dimenticare che siamo potenze finite. Questa illusione favorisce la dissipazione della potenza che noi siamo e conduce ad un decadimento precoce, ad un indebolimento della vita, una vita sprecata. Per evitare questo spreco è allora necessario calcolare la nostra potenza, avere nozione di quello che possiamo e non possiamo fare e quindi di quello che dobbiamo perseguire e di quello che dobbiamo abbandonare. Anche se in realtà il desiderio ci illude d’essere onnipotenti e anche laddove fossimo consapevoli di essere una potenza finita, nessuno di noi sa quanta forza, quanta potenza è. Per capire questo è necessario mettersi alla prova, rischiare.

Tratto da GUIDA ALLA FORMAZIONE DEL CARATTERE di Anna Bosetti
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