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La titolarità del potere di revoca

La titolarità del potere di revoca

Sulla titolarità del potere di revoca occorre far riferimento al tipo di competenza attribuita all'amm.: si tratta di competenza funzionale, esclusiva, che ripartisce la competenza secondo il modulo gerarchico tra i due organi di uno stesso, unitario, plesso organizzativo.
Nella prima ipotesi  il potere di revoca spetta unicamente all'autorità già procedente in primo grado, mentre nella seconda sarà gestito in condominio secondo una tipologia rilevata anche con riferimento al potere di annullamento.
Talvolta il potere di revoca potrebbe essere attribuito ad altre amm. diverse da quella procedente in primo grado: la questione si pone in termini di rapporti tutori o di vigilanza tra p.a.
Nel silenzio della legge, vige il principio di stretta correlazione tra il potere di revoca e la titolarità del potere, il cui esercizio ha portato all'emanazione del provvedimento da revocare.
Rimane la diffusa opinione dottrinale: non è ammessa la revoca di provvedimenti costitutivi di capacità o diritti che l'amm. non abbia la capacità di sopprimere o limitare.
Il provvedimento di revoca sarà l'atto conclusivo del procedimento di secondo grado, il cui riesame del provvedimento si concretizza nella revisione accertativa della inopportunità sopravvenuta del medesimo. L'originario assetto degli interessi, disciplinato dal regolamento adottato con il provvedimento di primo grado, presenta la scelta non più ottimale per la cura dei medesimi: la sopravvenienza sarà percepita e valutata nell'ambito di una ulteriore congrua ponderazione, che doverosamente tenga conto del fatto nuovo  in rapporto al precedente regolamento. Questa ponderazione non potrà sfuggire alle regole del giusto procedimento, previste oggi dalla legge per qualsiasi procedimento amm.
Nel provvedimento di revoca non possono mancare le motivazioni e quindi l'esplicitazione delle ragioni che devono spiegare l'iter non solo logico della ponderazione: l'apprezzamento nel fato nuovo di una insorgenza della sopravvenuta inopportunità. Mancando la motivazione, manca la traccia storica di questa nuova ponderazione. Il provvedimento di revoca sarà così invalidato da una trasparente situazione viziante la sua legittimità e come tale annullabile.
Si avrà un annullamento del provvedimento di revoca invalido secondo quei consolidati schemi con cui vengono rimossi gli stati viziati: risulta illogico pensare che un provvedimento di revoca invalido perché inopportuno possa essere revocato, anziché annullato d'ufficio.
Solo con l'annullamento dell'atto di revoca, se viziato, l'atto revocato illegittimamente, potrà rivivere; non è comunque immaginabile una inopportunità sopravvenuta nel provvedimento di revoca, il quale è atto ad efficacia istantanea e per tanto per sua intrinseca natura, irrevocabile.
Revoca intesa come effetto sanzionatorio sull'atto revocato: è sempre misura reattiva attraverso la quale si esprime quello ius penitendi della p.a.
L'effetto di revoca si traduce nell'eliminazione del provvedimento di primo grado che, seppur valido ed efficacie, viene così caducato in quanto per sopravvenienza non è più idoneo a soddisfare l'interesse pubblico primario.
L'atto revocato non solo perde la sua vigenza, cioè il perdurare degli effetti, ma soprattutto la sua esistenza giuridica.
La sorte mortale dell'atto, decretata con il provvedimento di revoca, produce la cessazione del rapporto giuridico disciplinato a suo tempo dal provvedimento di primo grado: eliminazione di un precedente atto. Altri effetti, indiretti e secondari, l'atto di revoca li produca anche sul rapporto già costituito e regolamentato dall'atto revocato: la demolizione di questo innesca la cessazione del rapporto, impedendone la continuazione (non accade viceversa!)
Siamo in presenza di una misura reattiva che è sanzione: cioè una reazione negativa contro l'atto revocando e poi revocato. Pare allora impropria la figura della cd. Revoca sanzionatoria distinguibile dalla revoca in senso proprio, dal momento che la prima non è un atto di revoca, ma un diverso provvedimento sanzionatorio (es. ritiro di una licenza) adottato per l'inosservanza di determinati doveri comportamentali.
La più autorevole corrente di pensiero sembra ravvisare la ratio della irretroattività della revoca nel fatto che la stessa opera sul rapporto anziché sull'atto revocando: gli effetti prodotti da quest'ultimo nell'ambito di un rapporto continuativo disciplinato sempre da questo, sono fatti storici e come tali, irreversibili. Ma per Cavallo non per questo la revoca avrebbe per oggetto il rapporto anziché l'atto!
L'irretroattività della revoca o meglio, l'efficacia ex nunc della medesima sull'atto revocato discende dal principio generale in base al quale tutti i provvedimenti amm. agiscono ex nunc.
La natura non retroattiva dell'effetto di revoca rientra nella regola, sicché è comprensibile che la revoca abbia un'efficacia demolitoria producente pro futuro la cessazione dell'atto revocato. I fatti storici disciplinati dall'atto revocato rimangono intatti ed inattaccabili, dal momento che alla revoca, come misura sanzionatoria, è estranea qualsiasi velleità ripristinatoria. 

Tratto da DIRITTO AMMINISTRATIVO di Beatrice Cruccolini
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