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Dal silenzio alla protesta


Dopo un fondu au noir che demarca una breve ellissi temporale (dalla sera ci siamo spostati in piena notte), vediamo il ragazzo di Bytes portare via i vestiti di Merrick; quindi il nano e un folto gruppo di “teatranti-freaks” avvicinarsi alla gabbia che contiene The Elephant Man per comunicargli che intendono aiutarlo a fuggire.
Le persone in battello guardano con sospetto quell’uomo incappucciato; Merrick cercherà il più possibile di rimanere appartato e nascosto alla vista altrui.
La sottosequenza successiva ci fa passare dagli sbuffi di vapore del battello a quelli di una locomotiva, che dalla costa britannica lo sta riconducendo verso Londra.
L’arrivo in stazione (seq. 36) è di tutt’altro tenore. Tutti lo guardano e soprattutto i ragazzini lo prendono di mira, fino ad inseguirlo. Provocando accidentalmente la caduta di una ragazzina, Merrick si attira le ire di un folto gruppo di persone che lo insegue fino ai bagni pubblici. Oramai inerme e sulla soglia di un linciaggio, Merrick viene scappucciato; ed è questa la sua stessa salvezza, perché è proprio ciò che gli fa protestare la sua natura: “No, non sono un elefante: non sono un animale. Sono un essere umano”.

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