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Sintassi figurative e figuralità nella sequenza dei titoli di testa

Sintassi figurative e figuralità nella sequenza dei titoli di testa


Ricordiamo allora quanto avevamo già parzialmente messo in luce nelle analisi di altri film lynchiani: in particolare, il fuoco, se assunto come perno dei processi di combustione, è passibile di porsi come:
a) figura della trasformazione di materiali e di oggetti: figuralmente può essere riconnesso alla metamorfosi (trasformazione principale) e alla produzione di residuati, come le ceneri (trasformazione secondaria);
b) figura dell’irreversibilità dei processi; figuralmente può essere messo in gioco per indicare la violazione dello scorrere uni direzionale del tempo oppure per esemplificare l’irrisarcibilità di un danno;
c) figura dell’irradiazione del calore: figuralmente può essere riconnesso a una estetica intensiva, transitiva e “prossimativa”, oppure, più generalmente, esemplifica un irraggiamento di valori;
d) figura della conversione della materia in energia: figuralmente può essere riconnesso a una “spesa” corporale a fini di movimento o per via di moti interiori (passione che “brucia”);
e) figura della indeterminazione eidetica; figuralmente può esemplificare l’instabilità e la volubilità di una forma attoriale (la fiamma), ma anche, e proprio per tale ragione, il prender vita di qualcosa di inanimato.
Se ci soffermiamo brevemente sulla colonna musicale ci accorgiamo, per contro, dell’andamento corsivo, della gradualizzazione delle conversioni e della neutralizzazione di una memoria figurativa legata alla percussione o frizione di materiali. Ecco allora che la materia sparisce tre volte, sul piano della figuratività cinefotografica (il tutto fuoco), sul piano dei titoli (viene attualizzata ma non manifestata visibilmente una superficie di iscrizione materica), sul piano della memoria figurativa dell’enunciazione musicale. Questa “indifferenza” rispetto alla materia dei processi enunciati si ribatte da un piano all’altro come inassolvenza di relazioni solidali: il “tutto fuoco”, nella sua cangianza di forme, è del tutto opposto alla precisione convenzionale del lettering e ai formanti scanditi dal brano musicale di Strauss. Il processo di iscrizione virtuale del titolo del film, molto breve e tensivamente marcato nella terminatività del processo (le scritte si saldano in primo piano), è opposto alla corsività e duratività del processo di combustione e di quello musicale.
La sintassi (cerino acceso, titolo del film, incendio) è poi facilmente leggibile in termini di (i) operazione d’accensione, (ii) oggetto a cui si dà fuoco (“un cuore selvaggio?”), (iii) divampare del “tutto fuoco”.
La convergenza sullo stesso passaggio testuale di incendio ed estinzione della luce (o persino commiato) sembra costruire uno iato temporale. La musica, in particolare sembra anticipare un viaggio al termine dell’incendio, un resoconto del “dopo combustione”, mentre dalla seconda sequenza il film si apre verso un viaggio “ardente” (un road movie, per quanto sgangherato), un fuoco in atto. Tra l’accensione del fiammifero e il commiato pacificato di Im Abendrot vi è tutto l’incendio del “corpo” centrale del film; un film innescato da un nonnulla (un cerino qualsiasi) e apertamente proiettato verso le ceneri e la desolazione in cui si estingueranno i crepitii delle voci e il fragore degli scontri. Come vedremo, Im Abendrot andrà a punteggiare altri momenti cardinali del film; per esempio, sottolineerà il momento in cui i due giovani co-minceranno a rendersi conto della vanità del loro viaggio e di come l’entusiasmo iniziale andrà necessariamente a tramontare (si veda il momento in cui, fermatisi sul ciglio della strada e dopo aver ballato/lottato al ritmo di heavy metal, i due si abbracciano al tramonto), ma soprattutto demarcherà il finale del film, chiarendo il tono enunciazionale sotto cui assumerlo.

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