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La soggezione del giudice alla legge, art. 101.2 cost.

La soggezione del giudice alla legge, art. 101.2 cost.


L'art. 101.2 Cost. recita: «I giudici sono soggetti soltanto alla legge».
Questa semplice e netta affermazione implica il principio della separazione dei poteri. Lo Stato moderno vede giocare al suo interno tre poteri, quello legislativo, quello esecutivo e quello giudiziario, poteri che concorrono all'organizzazione e alla gestione della con­vivenza civile, ma che devono essere separati, per potersi contemperare a vi­cenda.
La norma per un verso, significa che il giudice non può essere soggetto a poteri diversi da quello legislativo: non può essere soggetto al potere esecutivo.
Con ciò noi abbiamo un'ulteriore affermazione del principio di indipendenza del giudice, di cui ab­biamo già parlato in precedenza.
Ma, per altro verso, la norma ci dice che il giudice deve essere soggetto alla legge, egli non può porsi al di sopra della legge. Qui gioca sempre il principio della separazione dei poteri, perché, se bisogna proteggere il giudice dal potere esecutivo, bisogna, però, se così si può dire, anche proteggere la legge dal giu­dice, esigenza, peraltro, ulteriormente rafforzata dalla previsione della garanzia del ricorso in cassazione per violazione di legge avverso le sentenze di cui al­l'art. 111.7 Cost.
Dal primo punto di vista la norma vuole solo enunciare la subordinazione del giudice al potere legislativo, per cui la parola "legge" non va presa alla lettera.
Significa, innanzitutto, che il giudice deve obbedienza, più in generale, ad il norma di diritto, frutto di uno dei fatti di produzione normativa previsti dal tema delle fonti del diritto statale. Quindi la subordinazione non è solo rispetto alla legge, ma all'insieme del diritto oggettivo prodotto dall'ordinamento statale.

La soggezione a norme non appartenenti all’ordinamento interno

Inoltre, è possibile che il giudice sia soggetto a norme di altro tipo, criteri di valutazione cogenti (che diventano cogenti) perché la legge dello Stato loro la sua forza.
Si pensi all'ipotesi in cui il giudice italiano si trovi a giudicare di una controversia transnazionale: se, certamente, al processo dovrà applicarsi la legge italiana è, invece, possibile che alla controversia debba applicarsi una legge sostanziale straniera e ciò in base alle norme di diritto internazionale privato dettate dall'ordinamento italiano.
In un caso del genere è evidente come il giudice italiano sia soggetto ad una norma che non è prodotta dall'ordinamento interno, ma che è per lui cogente in forza del riconoscimento di essa da parte di una norma interna.

Tratto da PROCEDURA CIVILE di Beatrice Cruccolini
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