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La valenza delle garanzie costituzionali


Le garanzie costituzionali di cui abbiamo fino ad ora parlato rappresentano indubbiamente il portato di valori oggi ritenuti imprescindibili nella delineazio­ne della funzione giurisdizionale e nella disciplina dello strumento processuale che dà a questa concreta attuazione.
Tali valori, che nel nostro ordinamento trovano ormai la loro migliore enunciazione e la loro sintesi nell'art. 111 Cost., rappresentano il punto di arrivo di un processo storico-culturale che va ben al di là del nostro Paese. Infatti garanzie analoghe si trovano enunciate in varie Carte internazionali: non solo nella Convenzione europea dei diritti dell'uomo (art. 6), ma anche nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo (art. 10) proclamata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1948 e nel Patto internazionale sui diritti civili e politici (art. 14) approvato dal­l’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1966.
Ma come operano tali garanzie, qual è la loro concreta valenza giuridica?
Non è una domanda banale né retorica, perche' non è detto che il modo di operare di delle garanzie sia sempre lo stesso.
Se noi ci poniamo dal punto di vista della CEDU, vediamo che le garanzie del giusto processo rappresentano, essenzialmente, il contenuto di un diritto del­la persona nei confronti dello Stato, nel senso che la singola persona, se in con­creto subisce la lesione ditale diritto da parte dello Stato, può agire avverso questo di fronte alla Corte europea dei diritti dell'uomo chiedendo il risarcimen­to del danno. Cosi, ad esempio, molto spesso lo Stato italiano è stato citato in giudizio di fronte alla Corte di Strasburgo da persone che hanno affermato la lesione del diritto al giusto processo in riferimento alla violazione del principio della ragionevole durata.
Diversa è, invece, la prospettiva interna, ossia diversa è, almeno tradizio­nalmente, la valenza delle garanzie in parola se ci poniamo dal punto di vista della nostra Costituzione.
È vero che la cd. legge Pinto (l. 89/2001, v. artt. 2/3) ha ormai riconosciuto la possibilità di eserci­tare un'azione risarcitoria di fronte ad un giudice italiano per la lesione del dirit­to al giusto processo sotto il profilo del mancato rispetto del termine ragionevo­le di cui all'art. 6 CEDU. Ma è anche vero che questo modo di intendere le ga­ranzie fondamentali della giurisdizione resta, dal punto di vista interno, un'eccezione. Per cui continua ad avere prevalenza quello che è il modo tradizionale di inquadrare il problema.

Tratto da PROCEDURA CIVILE di Beatrice Cruccolini
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