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Definizione di arbitrato


La giustizia privata, ovvero l'arbitrato, rappresenta una via di tutela alterna­tiva a quella che possiamo definire ordinaria, ossia alla giurisdizione statale.
Qui i litiganti, trattandosi di diritti disponibili, non riuscendo a trovare autonomamente la soluzione del dissidio attraverso un negozio giuridico, si accordano, tuttavia, quantomeno sulla scelta di una via privata che porti a quella soluzione.
Quindi, in termini molto generali, possiamo dire che siamo in presenza di un arbitrato quando i litiganti sottraggono alla giurisdizione statale una certa controversia per deferirla alla decisione, per essi vincolante, di una o più persone di loro fiducia.
Già da queste poche battute possono trarsi i primi rilievi tecnici. In particola­re, dobbiamo sottolineare come dal fenomeno arbitrale scaturiscano sempre, a livello di ordinamento statale, due tipi di effetti: uno negativo, rivolto ad impe­dire la decisione statale sulla controversia, l'altro positivo, fondante quella che sarà la decisione vincolante degli arbitri (lodo), che non sono certo né dei me­diatori, perché essi non favoriscono una soluzione contrattuale delle parti, ma pongono in essere l'atto di soluzione della lite, né dei consulenti, perché il loro responso non è un semplice parere, ma appunto una decisione vincolante.
Peraltro, se questi due effetti sono sempre presenti nel fenomeno arbitrale, è pur vero che essi si esplicano tecnicamente in modi diversi a livello di ordina­mento statale, perché diverse sono le forme di arbitrato esistenti nella nostra e­sperienza.

LE FORME DI ARBITRATO


Dobbiamo distinguere tre forme: l'arbitrato c.d. rituale (disciplinato dagli artt. 806 e 55. c.p.c.), l'arbitrato c.d. libero o irrituale e la perizia contrat­tuale o arbitrale.

L'arbitrato rituale e l'arbitrato libero hanno in comune l'obiettivo di risolve­re una controversia giuridica nel suo complesso, ossia il conflitto giuridico in ordine all'attribuzione di un bene della vita, ma essi si differenziano per il modo in cui l'obiettivo è raggiunto, in quanto l'arbitro rituale segue un modo giurisdi­zionale, mentre l'arbitro libero segue un modo negoziale.

La perizia contrattuale è, invece, un fenomeno particolarissimo, perché con essa non si risolve la controversia giuridica nel suo complesso, bensì solo una questione normalmente non giuridica, un profilo di particolare pregnanza tecni­ca della lite, quello che rappresenta probabilmente l'aspetto più difficile e discutibile, da risolvere essenzialmente secondo criteri di valutazione non giuridici (massime di esperienza).

LIMITI DELL’ARBITRATO


Ma, prima di approfondire il senso di queste distinzioni, vediamo di mettere a fuoco il limite generale dell'arbitrato, che vale quindi per ogni forma di giu­stizia privata, ovvero il fatto che la controversia non coinvolga diritti indisponi­bili.
L'arbitrato è una via percorribile solo se vengono in gioco diritti disponibi­li, mentre essa non è percorribile se vengono in gioco diritti indisponibili. Tec­nicamente ciò significa che l'accordo, eventualmente stipulato tra le patti per deferire ad arbitri controversie relative a diritti indisponibili, è radicalmente nul­lo.
E, se, per avventura, nonostante la nullità dell'accordo, dovesse ugualmente instaurarsi un processo arbitrale e giungersi addirittura al suo atto finale, il lodo, anche questo sarebbe radicalmente nullo.
Se l'art. 806 c.p.c. dispone che le parti non possono far decidere da arbitri le controversie tra di loro insorte ove esse abbiano ad oggetto diritti indisponibili, l'art. 1966 c.c. prevede che un diritto sia sottratto alla disponibilità delle parti o per espressa disposizione di legge o per la sua natura.
La linea di confine tra indisponibilità e disponibilità, tra non arbitrabilità e arbitrabilità, va, quindi, in­nanzitutto tracciata in base alle esplicite disposizioni di legge. Ma, poiché ra­ramente la legge si esprime in modo esplicito su simili aspetti, il più delle volte all'interprete non resta che cercare la, spesso dubbia, "natura" delle cose, ossia, per quello che qui interessa, cercare di capire se il diritto soggettivo coinvolto nella controversia sottenda un interesse pubblico, il quale, andandosi ad aggiun­gere a quello privato, impedisca al titolare del diritto di disporne.

Tratto da PROCEDURA CIVILE di Beatrice Cruccolini
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