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Caratteri di merito e di rito nel processo dichiarativo

Caratteri di merito e di rito nel processo dichiarativo

Le questioni che si agi­tano nel processo dichiarativo sono distinguibili in due grandi aree: quelle che attengono al "merito", ossia al diritto fatto valere e al tipo di tutela per esso richiesta, e quelle che attengono al "rito", ossia al processo stesso.
Tratteremo delle questioni di merito, quindi dell'oggetto del processo e del giudicato in una fase successiva.
Tratteremo, invece, nel prossimo capitolo delle questioni di rito, dando ad esse una preferenza cronologica perché, in fondo, il giudice, prima di interro­garsi sulla fondatezza o meno della domanda, quindi sul modo di essere del di­ritto soggettivo fatto valere, deve interrogarsi sul suo stesso potere, sul suo radi­camento in concreto e sulle modalità del suo esercizio.
Insomma, prima di porci il problema dell'applicazione delle norme sostanziali, che presiedono alla deci­sione sul diritto fatto valere, dobbiamo studiare l'applicazione delle regole pro­cessuali, quindi delle regole che hanno ad oggetto il processo in sé, il radica­mento in concreto del potere-dovere del giudice di giudicare e le modalità se­condo le quali questo potere deve essere esercitato.
Peraltro, prima di proseguire, è utile fare una precisazione.
È vero che quando parliamo di "rito", con ciò riferendoci all'insieme delle questioni attinenti alla macchina del processo, rinviamo sempre allo studio di questioni, e quindi di norme, processuali, ma non è anche vero che tutte le im­maginabili questioni processuali rientrino sempre nell'ambito del c.d. "rito" di un processo. Il punto è che, se, normalmente, un processo civile ha ad oggetto un diritto sostanziale, a volte, in ipotesi previste dalla legge, il processo civile ha ad oggetto questioni processuali.

Si pensi all'opposizione agli atti esecutivi di cui all'art. 617 c.p.c. In questo caso si instaura un processo dichiarativo nel quale non si fa valere un diritto soggettivo di natura sostanziale, ma si chiede l'accertamento di questioni pro­cessuali, attinenti alla regolarità o opportunità di atti del processo esecutivo (anche nelle controversie distributive, che possono sorgere nell'ambito dell'esecuzione per espropriazione ai sensi dell’art. 512, è in gioco una situazione giuridica processuale: il diritto al concorso).
Si pensi anche all'impugnazione per nullità del lodo arbitrale (rituale) ex art. 828.
Qui non si mette in discussione, almeno come oggetto essenziale, il rapporto sostanziale sul quale hanno deciso gli arbitri, bensì si contesta la conformità del lodo e del processo della sua formazione a regole del gioco, al cui rispetto l'ordinamento tiene anche nello svolgimento di quella autonoma giurisdizione dei privati, qual è l'arbitrato.
Infine si pensi al giudizio, instaurato ai sensi dell'art. 67 della legge n. 218/1995, sull'accertamento dei requisiti di riconoscibilità delle sentenze straniere.
Su tale giudizio torneremo ampiamente ,ma fin da ora si può rilevare come esso abbia ad oggetto una questione processuale, quella, appunto, della riconoscibilità, e non il rapporto sostanziale sul quale ha già deciso la sentenza straniera.
Ebbene, in processi di questo genere, ad oggetto c.d processuale, vengono sempre in gioco solo questioni processuali, ma anche in essi è netta la distin­zione tra "rito" e "merito", ossia la distinzione tra le questioni che attengono alla ritualità del processo e quelle, pur sempre processuali, che attengono, però, all'oggetto del processo, ciò su cui, essendo oggetto della domanda dell'attore, il giudice è chiamato a rispondere e a dare, o negare, la richiesta tutela.

Tratto da PROCEDURA CIVILE di Beatrice Cruccolini
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