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Le differenze nella giurisprudenza CEDU


La stessa visione essenzialistica è ricavabile anche dal diritto vivente della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.
Infatti, la giurisprudenza di Strasburgo è costante nell’ancorare le culture a schemi tralatici, acriticamente ricevuti o programmaticamente conservatori di identità fisse, predefinite, non soggette a evoluzione.
Tale visione certo non emerge quando il ricorrente deduce tra l’altro anche la violazione del divieto di discriminazione contenuto nell’art. 14: motivo, questo, che la Corte ha cura di affrontare per primo, in modo che il suo eventuale accoglimento renda superfluo l’esame del motivo specifico sulla violazione del diritto sostanziale evocato in giudizio.
Quando non è applicabile la norma antidiscriminatoria, invece, i diritti sostanziali stentano a trovare riconoscimento diretto e ancor più, tra essi, quelli culturali, siccome interpretati secondo una visione statica e non evolutiva.
Un caso emblematico di presupposizione di un’identità ormai definitivamente prefissata è quello dei rom.
In diverse sentenze, viene esaminato il loro diritto ad insediarsi stabilmente per un certo periodo dell’anno in modo da consentire ai figli di frequentare la scuola.
Il Regno Unito è convenuto per aver negato quel diritto a motivo della soggezione a vincolo paesaggistico di inedificabilità del luogo di insediamento.
La Corte nega che si tratti di un’illegittima interferenza statale perché la tutela paesaggistica ben può valere come uno di quei limiti che nel suo margine di apprezzamento lo Stato può opporre a numerosi diritti individuali.
Non rileva qui valutare la plausibilità dell’esito del bilanciamento operato dalla Corte.
Il fatto è che essa ha negato che nel caso si facesse questione di un diritto culturale, quale lo stile di vita zingaresco, sul presupposto che, per il fatto di risiedere stabilmente per un lungo periodo dell’anno, “la ricorrente non vive una vita itinerante” come altri nomadi.
Insomma, lo stile di vita nomade comporta indefettibilmente, secondo la visione tralaticia accolta dalla Corte, di girovagare in continuazione.
Lo stile di vita dei rom secondo la Corte, resta inchiodato allo stereotipo del nomadismo continuo, senza possibilità di evoluzione alla stregua anche dell’ambiente circostante e delle politiche degli Stati nel cui territorio vengono a trovarsi.

Tratto da EGUAGLIANZA E DIVERSITÀ CULTURALI E RELIGIOSE di Stefano Civitelli
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