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Libertà religiosa: Buddhismo e Scientology a confronto


Sono le religioni di quest’ultimo cerchio, quello dai confini non presidiati che si dissolve nella galassia del New Age o dei movimenti magici o di un sacro desacralizzato perché accessibile a tutti, le meno distanti dal modello laico dei diritti umani e, quindi, della libertà di coscienza e di religione, intesa soprattutto come libertà di mutamento di religione e di recesso dalle comunità.
Con il buddhismo si è agli antipodi dell’esclusivismo, perché si tratta di un movimento tendente a includere o, comunque, non escludere altre esperienze religiose, in linea con molte religioni orientali, in particolare di origine indiana.
Di conseguenza, il buddhismo non ha verità astratte da proporre di credere o imporre dogmaticamente perché non è interessato ai concetti, ma unicamente all’esperienza diretta, propone un percorso di illuminazione interiore necessariamente libero e anzi non incompatibile con l’appartenenza ad altre fedi.
Ciò evidenzia chiaramente la latitudine della libertà religiosa assicurata dal buddhismo.
Ed invero il buddhismo non prevede un atto di iniziazione o di incorporazione, salvo che per l’ordinazione monastica: ma in questo caso si tratta di assumere un particolare status, non necessario per avviare la pratica buddhista.

Il principio buddhista dell’illimitato potenziale di evoluzione interiore posseduto da ogni essere umano è alla base anche di Scientology.
Benché consapevole di riunire in sé molte dottrine mutuate da altre religioni, questa organizzazione si richiama, invero, specificamente alle religioni orientali, con cui ha in comune, per esempio, la teoria della reincarnazione, o delle “vite precedenti”, o un’idea simile a quella del karma, quale “deposito reattivo della mente”, o soprattutto la concezione della salvezza conseguita tramite l’innalzamento della consapevolezza spirituale dell’individuo.
La differenza è negli strumenti per sviluppare e realizzare questo innalzamento: che per il buddhismo consistono in specifiche pratiche di meditazione, mentre per Scientology nelle proprie pratiche religiose, cioè nella tecnologia dell’auditing “di comprovata efficacia per migliorare le funzioni della mente e riabilitare le potenzialità dello spirito”.
Questa analogia, quasi una variante o una tradizione tecnologica del buddhismo, si estende anche al carattere non assolutistico di Scientology, che pure non ha verità da imporre di credere.
Di conseguenza non è previsto alcun rito di iniziazione o di incorporazione ed è ammissibile anche la doppia appartenenza ad altra religione.

Si può dire, quindi, che anche Scientology teorizza una libertà religiosa ampia.
Dove Scientology si differenzia dal buddhismo, sotto il profilo della libertà religiosa, è nell’amministrazione di una vera e propria giustizia ecclesiastica.
Ciò dipende dal fatto che si tratta di un’organizzazione gerarchicamente strutturata ed in possesso di “codici ecclesiastici”, tra cui quello d’onore, ricavati dagli scritti e dalle conferenze pubbliche registrate di Ron Hubbard.
La violazione di queste norme configura un illecito, che può andare dalla semplice violazione di direttive per errore al reato ecclesiastico, secondo quattro categorie: errori, trasgressioni, crimini ed alti crimini.
Gli organi di giustizia sono quattro: la Corte d’etica, la Corte del cappellano, il Consiglio di investigazione e la Commissione d’inchiesta.
L’azione giudiziaria, che deve concludersi nel giro di una settimana, è iniziata dal Consiglio di investigazione, che ha il compito di svolgere indagini e di sollecitare la convocazione della Commissione d’inchiesta in caso di reati gravi.
La Corte d’etica funge da tribunale dei reati commessi in violazione dei codici ecclesiastici e sanzionati con ammende.
La Corte del cappellano ha invece una funzione arbitrale per qualsiasi controversia.
Ogni decisione è appellabile.
Le sanzioni variano in proporzione alla gravità dei reati e, nel caso di azioni volte palesemente alla distruzione della Chiesa o di altri fedeli o ad un’opposizione attiva agli scopi della Chiesa, è prevista l’espulsione.
La sanzione è resa pubblica allo scopo di avvertire gli altri fedeli e consentir loro di prendere le opportune cautele.
Essa, peraltro, è reversibile e la persona può essere riammessa se si sottopone ad un progetto di emenda, condizionato alla prova di un avvenuto cambiamento etico.

Tratto da EGUAGLIANZA E DIVERSITÀ CULTURALI E RELIGIOSE di Stefano Civitelli
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