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Il paesaggio nell'estetica del 900


Attorno alla metà degli anni ’80 il tema del bello naturale, quasi assente fino ad allora dall’estetica del 900, torna in discussione; la presa di coscienza ecologica unita ai movimenti ambientalisti hanno prodotto qualche accenno di riconsiderazione del bello naturale, anche se si tratta di teorie di teorie prodotte quasi tutte fuori dai confini dell’Italia e che utilizzano il termine ambiente perché ormai la parola paesaggio sembra un residuo del passato. Ambiente di un luogo fisico, descrivibile scientificamente, paesaggio rientra nelle esperienze estetiche; ma la tutela dell’ambiente non è di per se stessa tutela del paesaggio, così come la tutela del paesaggio in senso estetico richiede la consapevolezza del carattere culturale, storico di ciascun paesaggio.
L’ambientalismo pensa innanzi tutto intermini di minacce della sopravvivenza del pianeta e quindi ogni questione relativa alla bellezza della natura sembra passare in secondo piano, dato che è possibile porla solo dopo che è assicurata la sua sopravvivenza. Discende da qui la scarsa propensione degli ambientalisti a parlare di paesaggio, termine pesantemente connotato da condizionamenti estetici, arretrato rispetto ai concetti dell’ecologia, del tutto traducibile nel termine più scientifico di ambiente. Ma l’interesse per l’ecologia è molto spesso un interesse estetico; la difesa per la natura buona è molto spesso la difesa per la natura bella, che però ritiene più adeguato, più produttivo alla drammaticità della situazione non confessare le proprie radici estetiche. Questa sorta di complesso di inferiorità dell’estetica nei confronti dell’ecologia si manifesta già nel fatto che quasi sempre essa si presenta come valore in sé, bisognoso in quanto tale di tutela, ma piuttosto come valore aggiuntivo che si affianca a quelli più sostanziali forniti dalla biologia e dall’ecologia. Non è però la bellezza naturale ad essere considerata in pericolo; è la necessità di salvare la natura in genere che spinge a domandarsi se la presenza di valori estetici non sia un buon motivo per esigere il rispetto della natura. Il bello naturale si pione in una condizione di eteronoma (non è un valore autonomo ma dipende da altri valori); esso ci sta a cuore
non in quanto nei confronti della natura ci sentiamo spinti a considerare degno di protezione quel che ci procura valore estetico, ma in quanto scopriamo nel valore estetico un motivo in più per rafforzare unconvincimento che comunque già possediamo: che la natura vada rispettata. Il paesaggio in senso estetico è interamente riassorbito dall’ecosistema. L’estetica ecologica sposta completamente il piano di riferimento, tenta di argomentare il carattere oggettivo della bellezza naturale. Quest’ultima diventando una qualità intrinseca della natura sarebbe svincolata dalla percezione che ne abbiamo e finirebbe per riguardare sempre e comunque la natura nella sua totalità. Si può parlare di estetiche della natura antropocentriche (il valore estetico viene misurato sull’esperienza che ne fa il soggetto) o ecocentriche (il valore estetico appartiene intrinsecamente alla natura). Il legame oggettivo della bellezza con la natura si ritrova spesso nell’estetica ecologica, proprio perché sembra consentire di sfuggire ai pericoli del soggettivismo-, la bellezza non è una qualità secondaria, cioè una qualità che nasca dal rapporto tra la cosa e la nostra percezione, ma una qualità primaria, cioè appartiene alle cose in quanto tali.

Tratto da ARCHITETTURA DEL PAESAGGIO di Alessia Muliere
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