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La figura del soldato Romano nella città-stato

La figura del soldato Romano nella città-stato


L’assenza di uno specchio letterario ci rende difficile ricomporre una ricostruzione del soldato romano, che resta legata a due tipi di fonte: il discorso civile, fondamentalmente ideologico e alcune rappresentazioni iconografiche accompagnate da spiegazioni lapidarie. L’esercito romano trasse a lungo la sua forza dalla perfetta identità tra la struttura politica e la struttura militare della città-stato. Le risorse dell’individuo vi determinavano insieme le sue responsabilità politiche e la sua partecipazione militare che più che un dovere era un diritto, quasi un privilegio. La città non aveva altro esercito se non quello formato dai suoi cittadini, mobilitati a rotazione e in proporzione alle necessità, solo per la durata della guerra. In seguito l’ampliamento della città conquistatrice, il portarsi delle guerre e la necessità di mantenere la presenza militare nelle province conquistate misero in crisi questo quadro tradizionale: diventando di fatto permanente l’esercito dovette aprirsi ai più poveri, ai proletari, provvedere alla paga, e accettare la crescente dissociazione tra il mestiere delle armi e il mestiere di cittadino. Il soldato romano divenuto fine e mezzo di ambizioni rivali, fu allora portato ad avvicinare il suo comportamento a quello dei mercenari al esercizio dei re ellenistici.
Mettendo fine alla crisi della città stato con l’imposizione di un regime autoritario, fondato sul controllo assoluto dall’esercito, Augusto inaugurò una nuova e duratura versione del soldato romano. Esercitando il mestiere della armi come professione, il soldato imperiale venne considerato come un mercenario; con il servizio permanente, si cominciò a giudicarlo un fannullone, una inutile bocca da sfamare durante i periodi in cui non doveva combattere, cittadino spesso di fresca data, fu ritenuto barbaro. Trasformando l’esercito romano in un esercito di professione Augusto sostituì il servizio a rotazione di tutti col servizio continuato di alcuni. L’intento di Augusto era la creazione di un esercito permanente concepito per una funzione specializzata in grado di garantire un alto livello tecnico un insieme di soldati cittadini scelti per le loro attitudini naturali ulteriormente sviluppate dall’addestramento, che permette ad altri cittadini di dedicarsi al proprio mestiere. Il sodato prende il posto del cittadino e dalle classi superiori della società imperiale era  visto come un personaggio pericoloso perché succube dei suoi tirannici desideri (fortuna, potere, gloria).
L’esercito permanente fu creato per evitare la coscrizione forzata e allo stesso tempo rese necessario arruolare numerosi peregrini anche nelle legioni. Ora il confine tra arruolati e non arruolati, fin già da Augusto, non passava tra cittadini romani e provinciali peregrini, ma piuttosto all’interno di ogni provincia tra i piccoli e i medi proprietari integrati in una struttura cittadina e il popolino non possidente delle campagne o città. Questa linea di demarcazione economica coincideva con una frontiera culturale che anche qui non opponeva una cultura romana e non romana ma la cultura delle classi dominate alla cultura delle classi dominanti. Il reclutamento del I secolo, in reazione a quello proletario degli ultimi secoli della repubblica contava largamente su provinciali arruolati nelle città piuttosto che nei pagi, i distretti rurali. L’estendersi del territorio di reclutamento permise all’impero di conciliare fra loro l’arruolamento volontario e la selezione di soldati che fossero fisicamente adatti e non appartenessero alle classi economicamente e culturalmente più povere; dunque uomini capaci di identificare la difesa dell’impero e la fedeltà all’esercizio solennemente
giurata al principe con la sopravvivenza di una società da cui non erano esclusi. D’altro canto però questo tipo di personale non era porto a vendersi in cambio della semplice sicurezza di non morire di fame: si aspettava dal servizio non solo una condizione economia discreta o buona ma anche un avanzamento nel prestigio e nello status personale. Le possibili difficoltà del reclutamento, che basterebbero a provare l’abbandono della coscrizione obbligatoria saranno dunque provenute da una spontanea selezione qualitativa degli individui e potevano accedere all’esercizio piuttosto che da una crescente disaffezione dei civili per la vita militare, per i suoi rischi, fatiche e costrizioni. Augusto e i suoi successori immediati non si erano proposti di creare un classe militare che potesse garantire la propria riproduzione sociale, una sorta di esercito ereditario. Inoltre i divieti di contrarre matrimonio legittimo durante il servizio e di acquisire beni immobili nella provincia di assegnamento, avrebbero dovuto impedire al soldato la costituzione di una famiglia e incoraggiarlo a tornare alla sua regione natale dopo il congedo.

Tratto da L'UOMO NELLA SOCIETÀ ROMANA di Alessia Muliere
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