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La rivalutazione degli artisti, Brun e Vermeer


Tuttavia, data da quella stessa epoca il manifestarsi del fenomeno opposto: quello della rivalutazione. Nel corso del secolo XVIII, pittori nuovi (Teniers, Murrillo, ecc.) cominciarono a integrare i canoni di valutazione di ciò che poteva essere apprezzato dal cosiddetto uomo di gusto: figura in quel periodo della massima importanza. Sta di fatto che il gusto, per quanto capriccioso, è sempre connesso a valori estranei al gusto pure e semplice. Tutti i sistemi estetici, per blandi che siano i loro legami, appaiono sempre avvinti in modo inestricabile, da una serie di fattori di ordine religioso, politico, nazionalistico, economico, culturale, che formalmente sembrano correlati con l’arte in modo molto vago, ma che talvolta esigono perentoriamente di essere scompagnati prima ancora che la percezione di un mutamento diventi possibile. Artisti e mercanti, storici e prelati, uomini politici e collezionisti possono da un dato momento avere motivi di diversa natura per mutare ovvero imporre la gerarchia estetica dominante.

Le Brun e la riscoperta di Vermeer
 
La prima volta che in un testo stampato si è fatto uso del termine “scoperte” risale al 1792, l’autore era Pierre le Brun, e il pittore alla cui riscoperta contribuì in misura determinante era l’allora virtualmente obliato Vermeer. Nato nel 1748, sotto Luigi XV, e morto nel 1813 durante il Primo Impero è stato l’ultimo e forse il più grande della nutrita schiera di mercanti e amatori d’arte prodotti dalla Francia nel secolo XVIII. Ci troviamo al cospetto non solo di un amatore d’arte, sagace e percettivo, ma altresì di un astutissimo mercante. Occorre anzi sottolineare fin dall’inizio come il mercato d’arte svolga un ruolo nettamente superiore a quanto sia comunemente ammesso nelle mutazioni di gusto. Le Brun è stato il primo esperto a infrangere l’inveterata abitudine di tentare a ogni costo l’attribuzione del maggior numero possibile di quadri al nome clamoroso e definitivamente consacrato di un grande pittore, per porre invece l’accento sui valori della rarità e dell’inconsueto. Lo scopo era quello di portare alla luce l’opera di pittori che fino a quel momento erano misconosciuti, ma più esattamente, la fatica di Le Brun s proponeva di abolire lo snobismo legato ai nomi, sostituendolo con ciò che di fatto era un’altra forma di snobismo, ossia quel fascino del nome ignoto destinato a offrire tanto agli storci quanto ai collezionisti la possibilità di coltivare un numero di ipotesi indefinito. Tuttavia, se è vero che Le Brun è stato fra i primi intenditori d’arte a tentare deliberatamente la scoperta di lontani pittori dimenticati occorre sottolineare come lo spirito della sua iniziativa si discostasse radicalmente da quella di innumerevoli altri esploratori che in tutta Europa, nell’arco quantomeno di una generazione avevano inteso operare con lo stesso proposito. La caratteristica più singolare di Le Brun è da vedere nel fatto che il suo apprezzamento, nei casi più importanti e originali, si collocasse sempre entro l’alveo di un gusto generalmente accettabile e in senso lato, tale era la ragione che ne motivava l’insuccesso. Sebbene a Le Brun spetti un ruolo decisivo nella storia della valutazione critica della pittura, di cui fu un autentico pioniere, pure gli esiti immediati sortiti dalla sua volontà di promuovere lo studio e il culto di pittori sconosciuti quali Vermeer e molti altri furono di portata relativamente modesta. Le campagne belliche e le invasioni che fecero seguito alla Rivoluzione francese e sottrassero innumerevoli dipinti ai santuari cui il tempo li aveva consacrati, lungi dall’accelerare il processo di mete metamorfosi del gusto che era già in moto negli ultimi anni dell’ancien regime, contribuirono al contrario ad arrestarlo, o quantomeno a rallentarne il corso.

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