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Schlegel a Parigi, 1802


Nel maggio nel 1802, Schlegel, il grande critico tedesco allora trentenne, giunse a Parigi, e in una serie di lettere indirizzate all’amico Tieck, descrisse alcuni dei dipinti del Louvre che maggiormente avevano suscitato la sua ammirazione: due tele del Mantegna (molto ammirato da Goethe), una pala d’altare del Memling (di cui si erano impossessate le truppe francesi a Bruges); tutto ciò ci riporta ai massimi raggiungimenti degli antichi maestri in Germania, primo fra tutti il Durer. Tale reazione vale a simboleggiare ciò che per solito viene considerato l’impatto esplicato sul gusto artistico dalla Rivoluzione e dalle campagne napoleoniche: spoliazione di chiese e di conventi, quadri di poi negletti e disprezzati, appesi alle pareti del
grande museo, il cui patrimonio si basava in ragguardevole misura sul bottino ammassato dai francesi; un nuovo radicale riavvicinamento all’arte del passato, prodotto dai clamorosi sovvertimenti politici, sociali, religiosi, nazionali di quel periodo così tumultuoso. Le guerre rivoluzionarie valsero a scindere la comunità internazionale di molte sfere, non esclusa appunto quella del gusto artistico. Invero il primo impatto si produsse assai prima che la netta maggioranza si rendesse conto di quanto stava accadendo. Nel 1792 quando Luigi XVI era ancora sul trono, sebbene i suo futuro fosse ormai incerto, Luigi Filippo Giuseppe, capo del ramo cadetto Orleans, cominciò a nutrire la speranza di succedere al re; vendette pertanto i suoi quadri per raccogliere il denaro necessario alle sue trame. A quel tempo era probabilmente la più prestigiosa collezione privata al mondo, e la sua cessione costituì senza alcun dubbio il più clamoroso evento del genere da quando nel 1746 gli Estensi avevano venduto al re di Sassonia un centinaio di loro quadri importanti. I dipinti degli Orleans erano anche più pregevoli; dopo lunghe e intricate vicende i quadri di scuola nordica e italiana, che erano stati posti in vendita separatamente, raggiunsero il suolo inglese e alla fine furono acquistati a conclusione di una trattativa privata. A partire dalla fine del 1798, questi quadri, i più significativi della collezione, furono esposti per qualche mese a Londra, dopodiché scomparvero inghiottiti da varie città e residenze di campana. Uno stuolo di agenti, mercanti, artisti falliti, avventurieri di ogni genere, calò in Italia come uno stormo di avvoltoi, e raccolse il suo bottino estorcendolo alla nobiltà locale, costretta a versare gli esorbitanti balzelli imposti dall’esercito francese invasore. Per oltre un decennio parve che tutta Europa fosse impegnata in un’unica, colossale campagna speculativa avente per oggetto il commercio delle opere d’arte.

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