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Destinazione e atto traslativo


La norma riconosce il potere di conformare la proprietà del destinatario, che risulta fissata in base al titolo, con i limiti che risultano dalla destinazione.
Si crea un diritto di proprietà con il contenuto che risulta dalla fonte e che si devolve, poi, agli eredi.
La destinazione diventa titolo per la circolazione del bene e modifica lo statuto della res in base alla norma che rende opponibile quel vincolo.
Il mutamento del sistema è radicale, e radicali sono le conseguenze, che qui si possono solo accennare:
- l’indicazione generica dei terzi fa sì che in tale categoria “possano essere compresi sia i creditori che i terzi acquirenti di qualsiasi diritto incompatibile con lo scopo di destinazione”;
- i beni e i frutti possono costituire oggetto di esecuzione solo per i debiti contratti per tale scopo.
Il confronto fra la norma, il fondo patrimoniale ed i patrimoni destinati isola ancora di più la forza del vincolo; difatti il fondo patrimoniale consente in certi casi l’esecuzione anche per scopi diversi, e il patrimonio separato fa salva la responsabilità illimitata della società per le obbligazioni derivanti da fatto illecito, mentre l’art. 2645 ter c.c. implica una separazione netta di quei beni anche alla massa fallimentare;
- per quanto riguarda, poi, la realizzazione degli interessi, può agire oltre al conferente qualsiasi interessato.
La norma, insomma, contiene molti elementi del trust di “diritto interno”.

Tratto da DISCIPLINA GIURIDICA DEI CONTRATTI di Stefano Civitelli
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