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Il contratto concluso per effetto del reato di circonvenzione di persone incapaci: i rimedi applicabili

Il contratto concluso per effetto del reato di circonvenzione di persone incapaci


L’art. 643 c.p. disciplina il reato di circonvenzione di persone incapaci; il dettato normativo porta a chiedersi quali siano i rimedi di diritto civile esperibili da parte del soggetto passivo del reato.
La Cassazione afferma la nullità per violazione di norma penale imperativa del contratto concluso in conseguenza della condotta integrante circonvenzione di incapace.
Si argomenta dal carattere, ritenuto pubblico, dell’interesse perseguito dalla norma incriminatrice; da ciò discende la natura imperativa della norma penale e, conseguentemente, la nullità del contratto.
Il ragionamento della Suprema Corte, è stato criticato dalla dottrina sotto diversi profili.
In primo luogo si è dubitato che l’art. 643 c.p. persegua un interesse pubblico; piuttosto, emergerebbe la tutela di un interesse inerente esclusivamente alla sfera patrimoniale di uno dei contraenti, come comprovato dalla previsione del rimedio dell’annullabilità (e non della nullità) in caso di atti compiuti dall’incapace naturale o legale.
L’ordinamento protegge i soggetti deboli, inidonei ad esercitare consapevolmente l’autonomia privata, attribuendo loro il rimedio disponibile dell’annullabilità e non quello indisponibile della nullità.
La critica dottrinale diviene più incisiva nell’isolare il fatto saliente che genera la nullità: la nullità attiene ad “elementi intrinseci della fattispecie negoziale, che riguardano cioè la struttura o il contenuto del contratto; i comportamenti tenuti dalle parti nel corso delle trattative rimangono estranei alla fattispecie negoziale e si intende, allora, che la loro eventuale illegittimità, quale che sia la natura delle norme violate, non può dar luogo alla nullità del contratto”.
L’art. 643 c.p. proibisce non l’atto come regolamento di interessi (reato-contratto) ma esclusivamente la condotta scorretta di una delle parti durante la trattativa (reato in contratto); ne consegue l’efficacia del contratto conseguente alla circonvenzione o la sua annullabilità per dolo.
La Cassazione teme, escludendo la nullità, che la vittima del reato resti senza tutela civile qualora non ricorrano i presupposti dell’art. 4282 c.c. o si sia prescritta l’azione di annullamento o non vi sia stato raggiro.
Quanto al primo profilo, il timore nasce dal fatto che l’art. 643 c.p. attribuisce rilievo a situazioni di debolezza che non rientrerebbero nell’ambito applicativo dell’art. 428 c.c.; anche se nella realtà, come si è già rilevato, il concetto di incapacità naturale è stato così esteso dalla giurisprudenza da ridurre notevolmente i casi di circonvenzione non rientranti anche nella previsione privatistica.

Tratto da DISCIPLINA GIURIDICA DEI CONTRATTI di Stefano Civitelli
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