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Nullità dei contratti


- secondo una prima ricostruzione i contratti conclusi a seguito di una pratica scorretta sarebbero nulli, per la violazione di norma imperativa; il divieto di pratiche commerciali scorrette posto dal Codice del consumo varrebbe infatti come norma imperativa
- secondo una tesi ancor più specifica, la nullità sarebbe da ricondursi alla categoria delle nullità di protezione; il che sarebbe opportuno soprattutto in quelle ipotesi in cui il consumatore, in assenza della pratica scorretta, avrebbe stipulato comunque il contratto, ma lo avrebbe fatto a condizioni diverse, per lui più vantaggiose.
Sicché, in tal caso, la nullità potrebbe essere azionata solo dal consumatore (nullità relativa) e investirebbe esclusivamente le clausole frutto del comportamento scorretto (nullità parziale);
- secondo un’altra tesi (accolta dalla Cassazione) la nullità del contratto potrebbe sussistere esclusivamente quando il contenuto del negozio sia di per sé in contrasto con la norma imperativa, ma non quando tale contrasto riguardi solamente il comportamento precontrattuale delle parti.

Preferibile è dunque la forma del risarcimento per violazione di una norma di condotta che incide nella fase precontrattuale.
Secondo questa tesi ogni volta che la volontà negoziale di una parte è condizionata illecitamente dal comportamento della controparte si ha responsabilità di chi si è comportato in modo contrario a buona fede, indipendentemente dall’invalidità dello stesso contratto.

Tratto da DISCIPLINA GIURIDICA DEI CONTRATTI di Stefano Civitelli
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