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La griffe nella pubblicità


Simile alla marca, è la firma stilistica caratteristica del settore tessile e, da un po’, anche quello agroalimentare. Come la marca anche la griffe non individua un emittente ma un emittente delegato nato dalla comunicazione commerciale (es. gli stilisti non sono produttori in proprio delle merci che portano la loro firma, ma spesso la cedono su licenza per la brand stretching), spesso la griffe non corrisponde ad una persona reale (Max Mara e James Dillon), altre volte conserva il nome di persona scomparse. Come la marca la griffe ha forte impatto comunicativo indipendente dal messaggio oggettuale, sceglie il proprio target (confrontare una donna Armani con una donna Versace) e i propri oggetti sulla base dell’ipotesi del target. A differenza delle m arche che rappresentano concetti astratti ed impersonali le griffe vengono accomunate a persone vere e proprie in carne ed ossa che si vedono in pubblico che hanno una loro storia e una propria vita. Rappresentano proprio la firma di una persona, quindi un certificato di appartenenza più che una garanzia come per la marca. A differenza della marca che ha un numero limitato di prodotti con vita relativamente stabile e turnover lentissimo, le griffe si organizzano in collezioni più mutevoli, più variabili e numerose, disponibili per tempo limitato e prodotti in serie non troppo grandi (stessa auto sì, stesso vestito no). La griffe in quanto a riconoscibilità immediata svolge il ruolo opposto a quello della marca, non c’è bisogno che sia subito identificabile dal cliente e dagli altri interlocutori. La funzione principale della griffe è la garanzia della continuità di uno stile garantendo anche continuità di un valore. Nell’abbigliamento incontriamo due fenomeni: il principio di variazione (che trova espressione nella moda) e il principio di continuità che sfocia nello stile. Questi devono conciliare e riesce a farlo lo stilista con il gusto, ne ha uno suo particolare che vede nelle collezioni che porta avanti nel tempo.

Tratto da SEMIOTICA DELLA PUBBLICITÀ di Priscilla Cavalieri
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