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Le sanzioni pubbliche nell'antica Roma


Nel corso dei secoli il diritto romano si modifica profondamente; quanto alle pene, alquanto crudeli in età repubblicana, vengono in parte mitigate nei primi secoli dell’impero, per divenire di nuovo severe nella tarda antichità. Nella legislazione tarda inoltre tendono a scomparire la crocifissione e la condanna alle bestie feroci, ormai legate al ricordo della morte di Cristo e dei martiri. Alcuni principi generali rimangono però costanti, primo fra tutti quello della disparità dinnanzi alla legge; vengono inoltre valutati elementi come l’intenzione, il tentativo e la complicità. In età repubblicana di solito la sentenza di morte viene eseguita subito dopo essere stata pronunciata; in seguito vi sarà un intervallo di tempo, anche di un anno. Il carcere comunque serve a custodire il condannato e non è una pena in sé. Le esecuzioni capitali sono di solito pubbliche e precedute dalla flagellazione.
Il culleus: una morte particolarmente crudele era riservata ai parricidi, la pena del culleus. Il condannato veniva fustigato e poi, con ai piedi un paio di zoccoli e la testa coperta avvolta in una pelle di lupo, era chiuso in un sacco con un serpente, un gallo e una scimmia (animali apotropaici che allontanavano la contaminazione di tale orribile delitto) ed era trasportato su u carro tratto da buoi neri per essere gettato nel Tevere o in mare. Più che alla semplice morte tale pena sembra tendere piuttosto all’espulsione definitiva, senza possibilità di ritorno, del colpevole dal mondo dei vivi.
Il supplicium more maiorum: pene severissime contempla anche la violazione del voto di castità di una vestale, che contamina la città e turba l’equilibrio tra questa e gli dei. La vestale, che col proprio delitto si è autoesclusa dalla comunità, viene considerata socialmente morta. È quindi condotta in lettiga presso la porta Collina, presso il Campo Scellerato, accompagnata da un corteo simile a quello funebre, e rinchiusa in una stanza sotterranea con le offerte alimentari destinate ai morti. Il suo complice viene invece giustiziato nel comitium, presso il foro che è il centro della vita politica, con il supplicium more maiorum: nudo viene frustato a morte dal pontefice massimo; durante l’esecuzione egli è legato ad un albero infelix (una albero che secondo Plinio non germogliava più, era sterile), oppure a un palo o a una furca, una struttura (un palo a forma di Y nella cui biforcazione si poneva la testa del condannato) riservata di norma agli schiavi, dato che col proprio delitto egli ha perso tutti i diritti del cittadino.


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