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La memoria documentaria dopo l’Unità d’Italia : il metodo storico


Il lavoro d’archivio fu nel primo periodo post-unitario non privo di incertezze, esitante tra un passivo attaccamento ai modi di trasmissione e d’uso seguiti nel passato e attivi, ma confusi, interventi operativi connessi alle esigenze del presente. In generale esso fu comunque in sintonia con gli interessi del pubblico che li frequentava: un pubblico numericamente molto limitato e sostanzialmente omogeneo, per l’appassionato culto delle antiche memorie locali, a chi era responsabile della loro conservazione. Nel periodo della grande espansione storico-filologica, gli istituti archivistici erano notevolmente integrati nell’ambito dell’organizzazione degli studi storici locali e nazionali. L’edizioni di fonti documentarie, nonostante la parzialità delle scelte e i non sempre rigorosi criteri filologici adottati nel trascriverle e, più in generale, l’attività che ha conosciuto dignità di stampa, costituiscono la parte più durevole della pratica archivista collegata all’erudizione otto-novecentesca. Gli stretti rapporti che si erano creati nella seconda metà dell’800 tra istituti archivistici e istituzioni storiche soprattutto locali, che avevano portato un po’ ovunque a compiere determinati lavori d’archivio e a predisporre particolari strumenti d’uso, si allentarono a partire dal secondo decennio del 900. una volta cessata l’egemonia della cultura storica influenzata dal pensiero positivista e diffusasi in quella influenzata dall’idealismo, notevolmente ridimensionate le funzioni delle deputazioni e società di storia patria riguardo all’organizzazione di studi storici, confinato a un circuito del tutto municipalistico, il culto delle memorie locali, l’attività degli archivi di stato si ripiegò su se stesa. Il ripiegamento durò grosso modo fino al secondo dopoguerra.L’attività svolta dai singoli istituti nei confronti della rispettiva memoria documentaria cercò di confrontarsi non tanto, come era avvenuto lungo la prima metà dell’800, con le particolari tradizioni archivistico conservative, ereditate dai rispettivi stati preunitari, quanto con la più ampia circolazione di idee e di informazioni presentate in campo nazionale e internazionale. Incominciarono ad accorciarsi le distanze prima esistenti tra i vari istituti sui criteri cui ispirarsi e sui modi da seguire nei lavori di riordinamento e di inventariazione. Il metodo storico al di la delle interpretazioni cui ha dato luogo e delle diverse applicazioni che ha conosciuto, è diventato il principio cardine della dottrina e della pratica archivistica.

Tratto da GLI ARCHIVI TRA PASSATO E PRESENTE di Alessia Muliere
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