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La critica d'arte degli anni 70

La critica d'arte degli anni 70


Negli anni che rimangono conclusi tra la fine degli anni Settanta e gli anni Novanta bisogna andare a ricercare le più acute riflessioni sull'arte nei settori più disparati della ricerca ma non all'interno dell'esercizio critico. Un caso per tutti quello di Christopher Lasch del suo La cultura del narcisismo che avrebbe poi ispirato per buona parte il testo di Gilles Lipovetschi, L'era del vuoto. Sia pure in versione socio-politica, raggiunta attraverso la scuola empirica, i pitagorici d'America, La cultura del narcisismo individuava la perdita di spirito critico nell'elaborazione intellettuale, soprattutto quando ci si riferisce alle problematiche del 'diritto elaborativo' degli intellettuali, quindi, e soprattutto il criterio critico. Grazie a questa visione d'incipit Gilles Lipovetschi interpreta l'anabàsi critica come luogo dell'assoluto tautologico, anche e soprattutto nei confronti del sapere. Mentre altrove si discuteva di elementi costitutivi la 'pittura', il criterio critico languiva e la comunità artistica si cominciava a domandare perché quell'assenza di testualità. Uno di coloro che invece avevano scritto tanto, con alterne fortune, Renato Barilli, si era visto retrocesso per combinazioni casuali; non tralasciava di ricordare di come Celant non avesse mai pubblicato nulla eche il suo ruolo era lì ad impegnare la scena.

Tratto da LA CURA CRITICA di Alessia Muliere
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