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Commento di Virna Colantuoni all’art. 2403: doveri contabili di contenuto generale e doveri contabili di contenuto specifico


La norma distingue tra doveri di contenuto generale (vigilanza sull’osservanza della legge, dello statuto e dei principi di corretta amministrazione) e doveri di contenuto specifico (vigilanza sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società e sul suo concreto funzionamento).
Con riferimento ai primi, la norma riproduce fedelmente l’art. 149 del Tuf e, parzialmente, il vecchio 2403, dove sostituisce “controllo sull’amministrazione della società” col rispetto dei principi di corretta amministrazione. I sindaci devono inoltre riunirsi almeno ogni 90 giorni e assistere, a pena di decadenza dall’incarico, alle assemblee, alle riunioni del cda e a quelle del comitato esecutivo.
La sostituzione di “atto costitutivo” con “statuto” (vigilanza sull’osservanza dello statuto), a prima vista non sembrerebbe produrre effetti rilevanti sul tipo di vigilanza svolta, mentre, se analizzata nella prospettiva assegnata dalla riforma all’autonomia statutaria (che è di primissimo piano, in quanto la riforma pone un insieme minimo di vincoli regolamentari, rimettendo moltissimo all’autonomia statutaria, con lo statuto che diviene la massima espressione dell’autonomia privata in ogni fase della vita sociale), si nota la volontà di rendere il controllo dei sindaci maggiormente aderente alla effettiva attività (e all’interesse) sociale, non sulla base di una valutazione astratta, bensì sulla concreta analisi dello statuto.
Ante riforma era controverso il tema del tipo di controllo che il collegio dovesse svolgere, se solo di legalità degli atti societari (ma questo non sarebbe stato sufficiente per garantire un incisivo contenuto alle azioni del collegio) o anche di merito (questo, invece, ne avrebbe fatto una sorta di amministratori non esecutivi, però sprovvisti di poteri idonei ad incidere sull’attività svolta) sulle scelte compiute dagli amministratori, e se potesse esprimere valutazioni di opportunità e convenienza economica della gestione, dato che la norma conteneva solo il generico dovere di “controllare l’amministrazione”. La questione è stata risolta valutando tali controlli come di “legittimità sostanziale”, volti cioè a verificare la rispondenza dell’attività sociale alle regole tecniche di oculata amministrazione, cioè che le scelte degli amministratori siano coerenti con i canoni di buona amministrazione e non estranei ai fini dichiarati nel contratto sociale; in ogni caso non può mai estendersi al merito della gestione del cda e alla bontà economica degli atti societari. Il nuovo 2403 sembra accogliere questa tesi, laddove non si parla più di “corretta amministrazione”, bensì di “adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile”.
La vigilanza sui principi di corretta amministrazione, invece, si estrinseca nella verifica della conformità delle scelte gestionali ai criteri di razionalità nella gestione dell’impresa; concretamente, i sindaci devono verificare che gli amministratori non abbiano trascurato di assumere le informazioni necessarie relative all’operazione e che abbiano adottato le cautele normalmente espletate per quel genere di operazioni, con riguardo al contesto, alle circostanze e alle modalità di attuazione; devono verificare che gli amministratori non compiano operazioni estranee all’oggetto sociale, in conflitto di interessi con la società, imprudenti o tali da pregiudicare la stabilità patrimoniale della società, non assumano deliberazioni in contrasto con la legge o con lo statuto e che da tali condotte non si originino fatti censurabili di rilevante gravità.

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